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Mus Musculus

Roditore

Il topolino comune (Mus musculus, Linnaeus1758) è un piccolo mammifero roditore della famiglia dei Muridi. Viene anche chiamato topo domestico, per differenziarlo dal topo selvatico (Apodemus sylvaticus) e dal topo campagnolo (Microtus arvalis).

Si tratta della specie di gran lunga più diffusa del genere Mus, appartenente alla famiglia dei Muridi e rappresentato nel mondo da una quarantina di specie: il topo domestico si può infatti trovare comunemente in quasi tutti i paesi del mondo, spesso al fianco degli umani, che involontariamente gli procurano vitto ed alloggio, ma non sempre in armonia con loro, in quanto i topi possono arrecare danni anche ingenti alle colture ed alle dispense di cibo, oltre a rendersi vettori di una serie di malattie, come la leptospirosi.

Tassonomia

La tassonomia del topo è un argomento molto delicato e lungi dall'essere chiarito in maniera esauriente: mentre in passato venivano classificate numerose sottospecie, con l'avanzare dei metodi di lettura del DNA si è potuto risalire all'effettiva affinità fra le varie popolazioni, portando in molti casi a declassare a semplici varianti locali, alle volte frutto dell'incrocio fra varie sottospecie giunte nell'area al seguito dell'uomo, le popolazioni considerate sottospecie autonome. In altri invece si è preferito elevare la sottospecie al rango di specie a sé stante.

In passato venivano riconosciute come sottospecie anche le seguenti:

  • Mus musculus bactrianus = Mus bactrianus

  • Mus musculus brevirostris

  • Mus musculus chinensis

  • Mus musculus topiscquam

  • Mus musculus gentilis

  • Mus musculus homourus

  • Mus musculus hortulanus

  • Mus musculus manchu

  • Mus musculus molossinus

  • Mus musculus poschiavinus

  • Mus musculus praetextus

  • Mus musculus spicilegus = Mus spicilegus

  • Mus musculus spretus = Mus spretus

  • Mus musculus wagneri


Mus musculus castaneus fotografato a Giava.

Attualmente le tre sottospecie di topo comunemente riconosciute sono:

  • Mus musculus castaneus, nel Sud-est asiatico;

  • Mus musculus domesticus, in Europa sud-occidentale;

  • Mus musculus musculus, in Europa centro-orientale;

A queste si sommerebbe Mus musculus gentilulus, diffusa nella Penisola araba.

Sempre più studiosi sono convinti della validità di una classificazione che contempli le sopracitate sottospecie come specie a sé stanti (Mus castaneusMus domesticusMus gentilulus e Mus musculus): in tal modo, in Italia (dove è diffusa unicamente la sottospecie domesticus) si troverebbero solo topi domestici e non topi comuni.

Distribuzione

Probabilmente originaria dell'Asia centrale, la specie si è diffusa praticamente in tutto il mondo, al fianco dell'uomo, tramite i commerci via terra e mare.

Specie estremamente adattabile e spiccatamente sinantropa, il topo vive praticamente in qualsiasi luogo che gli offra un recesso in cui potersi nascondere e sfamarsi. Lo si trova perciò in ambienti urbani e suburbani, dove vive a qualsiasi altitudine, mentre è una presenza piuttosto rara nelle aree rurali in quota e negli ambienti boschivi. In generale, il topo manca nei luoghi dove altri animali gli fanno concorrenza, poiché non è molto efficiente come specie antagonista. Tuttavia, in alcune aree di nuova colonizzazione (come Australia e Nuova Zelanda) i topi possono convivere senza eccessivi problemi con altre specie di roditore con abitudini similari. È inserito nell'elenco delle 100 tra le specie invasive più dannose al mondo.


Topo comune (Mus musculus).

Descrizione

Dimensioni

I topi adulti misurano una ventina di centimetri, di cui la metà o poco meno spetta alla coda: il peso invece oscilla fra i 10 ed i 25 grammi.

Aspetto

Il pelo corto e lucente, varia individualmente dal brunastro al nero. Esso ricopre interamente il corpo, tranne zampe, orecchie, coda e punta del muso, che sono quasi del tutto glabre e di colore grigio-rosato.

Il corpo del topo si può dividere in tre parti:


Un cranio di topo.

  • La testa, dalla forma allungata, contiene la bocca (delimitata da due labbra) e gli organi sensoriali olfattivo, visuale e uditivo. Gli occhi sono neri, lucidi e muniti di palpebre. Essendo l'animale di abitudini crepuscolari e notturne, non necessita della visione a colori e perciò si suppone che la sua vista sia in bianco e nero o solo leggermente a colori.

Sulla sommità del cranio si trovano le orecchie, che hanno padiglione glabro e membranaceo. Il senso dell'udito nei topi è molto sviluppato, infatti essi possono udire frequenze fino ai 100 kHz e forse anche maggiori, quindi ben oltre la soglia degli ultrasuoni. Il topo è in grado di comunicare con i suoi simili sia con suoni udibili all'orecchio umano (squittii), generalmente utilizzati per i richiami a lunghe distanze, sia con richiami ultrasonici, utilizzati nella comunicazione su breve distanza.
Sulla punta del muso si trovano le narici e l'organo vomeronasale, utilizzato dall'animale per individuare i feromoni, secreti dalle ghiandole prepuziali di ambo i sessi e rilasciati anche tramite le lacrime. Sulla punta del muso sono site inoltre le sensibili vibrisse, che hanno funzione tattile e vengono utilizzate dall'animale anche per comprendere le dimensioni degli anfratti nei quali si trova.

La tacca nei denti anteriori superiori è una buona indicazione per la determinazione corretta della specie.

Al tronco si attaccano lateralmente due paia di zampe, centralmente le mammelle e gli orifizi urinari, genitali ed anali. Esso è separato dalla testa da un collo ben distinguibile, nel quale, oltre al timo propriamente detto, si trova una seconda ghiandola con struttura e funzione simili, posta nei pressi della trachea.

Le zampe, tutte all'incirca della lunghezza di un paio di centimetri (a differenza di quelle del topo selvatico, le cui zampe posteriori sono ben più lunghe delle anteriori), sono divisibili a loro volta in tre segmenti:

Stilopodio (braccio o coscia);

Zeugopodio (avambraccio o gamba);

Autopodio (mano o piede);

La mano possiede quattro dita ben sviluppate e munite di artigli, un pollice molto corto e cinque callosità palmari. Il piede possiede cinque dita, ben sviluppate e munite di artigli. Sui punti di appoggio si sono sviluppate delle callosità la cui disposizione varia a seconda dell'individuo.
Le mammelle sono presenti unicamente nelle femmine in numero di cinque paia, tre pettorali e due inguinali o pelviche.
Nella femmina, l'uretra si apre davanti alla vagina, che si apre a livello della vulva. L'ano è separato dalla vulva tramite un piccolo perineo. Nel maschio, gli orifizi urinario e genitale sono confusi all'estremità del pene, normalmente nascosto in una piega cutanea, il prepuzio. I testicoli normalmente intra-addominali possono scendere nella cavità addominale ricoperti di un sacco cutaneo, lo scroto: l'ano è alla base della coda in ambedue i sessi.

  • La coda è lunga all'incirca quanto il tronco e la testa messi assieme: essa è ricoperta di scaglie cornee epidermiche disposte ad anelli, tra le quali si inseriscono alcuni piccoli peli.

Biologia

Si tratta di animali attivi perlopiù dopo il tramonto. Durante la notte si tengono ben lontani dalle fonti di luce violenta. Durante il giorno, i topi riposano in tane poste in luoghi riparati e foderati con vari materiali, come cartone, stoffa ed erba. Il topo non va in letargo, a differenza di molti altri roditori: esso si adatta infatti molto bene ad ambienti freddi (purché vi sia disponibilità di cibo), al punto che se ne trovano popolazioni stabili anche all'interno di celle frigorifere.


Un gruppo di topi si accalca in un nascondiglio.

Il topo è un animale socievole con gli animali della sua stessa specie, tende a riconoscere i suoi simili in base alla costituzione genetica, agevolato dal fatto che i geni inseriti nel complesso di istocompatibilità sono decisivi sull'odore emesso dal corpo del topo. Quindi i topi con lo stesso odore, tendenzialmente, sono appartenenti alla stessa famiglia. I ricercatori della Università della Florida hanno scoperto che le femmine cercano di accoppiarsi con maschi aventi odori diversi dal loro e tendono a costituire nidi in comune con femmine aventi lo stesso odore, quindi con eventuali sorelle. In ogni caso, i maschi sono territoriali e tendono a definire un proprio spazio all'interno del quale dominano su varie femmine e cuccioli. Dei maschi dominanti tenuti in uno spazio angusto come una gabbia, anche se cresciuti insieme e vissuti l'uno nei pressi dell'altro (ad esempio in territori limitrofi), non tarderanno a dare segnali di aggressività ed a cominciare a combattere fra loro. Per segnalare la propria presenza ed evitare quindi episodi di intolleranza, i topi si affidano a segnali olfattivi, quali principalmente la marcatura del proprio territorio con urina e feci. Queste ultime, lunghe circa 3 mm e di colore nero sono il segnale visibile anche all'occhio umano della presenza di topi nell'ambiente. L'urina, in particolare quella dei maschi, ha un forte odore dovuto alla presenza di numerosi composti chimici e di feromoni.

Il topo si muove sulle quattro zampe con passo veloce, che copre all'incirca 4,5 cm. I topi sono in grado di compiere salti di una quarantina di centimetri di lunghezza. Quando tuttavia l'animale è impegnato a mangiare, combattere od orientarsi in un territorio sconosciuto, non è infrequente che si erga sulle zampe posteriori, utilizzando la coda per bilanciarsi. La coda viene utilizzata per tenersi in equilibrio anche durante il salto e la corsa.

Alimentazione

Un topo durante il pasto.

Si tratta di animali tendenzialmente onnivori: mangiano perlopiù prodotti di origine vegetale, ma all'occorrenza non disdegnano carne.
Il topo ricava l'acqua di cui necessita per la maggior parte dal cibo: in ogni caso necessita anch'esso di bere ogni tanto. Per integrare la propria dieta, non esita infine a praticare la coprofagia. A differenza del comune pensiero, ispirato dall'immagine trasmessa nei cartoni animati, i topi non mangiano formaggio se non in caso di estrema carenza di cibo.

Riproduzione

Una femmina con una numerosa cucciolata.

I topi sono in grado di riprodursi durante tutto l'anno. Nel caso in cui il cibo sia disponibile con continuità, la femmina può partorire e rimanere nuovamente gravida pressoché in continuazione, con un massimo di quindici parti annuali. Il ciclo estrale delle femmina dura circa 5 giorni, mentre l'estro vero e proprio dura una ventina d'ore. Quando numerose femmine vengono costrette a vivere assieme, tuttavia, esse tendono a non andare mai in estro, mentre se vengono messe in contatto con l'urina di un maschio, l'estro sopraggiunge dopo tre giorni.

Per accoppiarsi con la femmina, il maschio la corteggia emettendo richiami ultrasonici su frequenze che vanno dai 30 ai 110 kHz, e seguendola ed annusandola insistentemente. Il maschio, comunque, emette tali richiami anche durante e dopo l'accoppiamento; alcuni soggetti possono emettere richiami del genere anche solo annusando dei feromoni femminili. Per la loro complessità e per il fatto che la tonalità e la complessità di tali versi variano da individuo a individuo, questi richiami sono stati accostati alle melodie degli uccelli.
Anche le femmine sono in grado di emettere richiami ultrasonici, tuttavia raramente lo fanno.

Dopo l'accoppiamento, la femmina sviluppa un tappo vaginale che persiste per un giorno e le impedisce di essere montata da altri maschi. La gravidanza dura all'incirca tre settimane, al termine delle quali vengono dati alla luce un numero di cuccioli che varia fra i 3 ed i 14. La femmina li accudisce in solitudine, tendendo ad allontanare i maschi per evitare episodi di cannibalismo.

I cuccioli alla nascita sono ciechi e nudi: il pelo comincia a crescere a tre giorni di vita, mentre gli occhi vengono aperti a due settimane. Attorno al mese d'età (6 settimane per le femmine ed 8 per i maschi), essi sono in grado di riprodursi, anche se sia gli uni che le altre possono cominciare ad accoppiarsi già a partire dalle 5 settimane di vita.

La speranza di vita dei topi in natura è solitamente inferiore all'anno, a causa delle perdite consistenti dovute alla predazione e agli ambienti difficili nei quali frequentemente la specie si trova a vivere. In ambienti sicuri, tuttavia, un topo vive mediamente tre anni: nell'ambito del Methuselah Mouse Prize sono stati presentati topi con longevità assai più elevate, grazie a modificazioni genetiche e trattamenti farmacologici (l'attuale detentore del record è vissuto 1819 giorni).

Rapporti con l'uomo

La storia dei topi è da sempre stata indissolubilmente legata a quella dell'uomo. Originari dell'Asia, la loro presenza è tuttavia attestata nel bacino del Mediterraneo già nell'8000 a.C., anche se essi tardarono a diffondersi nel resto d'Europa, dove li si trova solo a partire dal 1000 a.C.[Successivamente, grazie ai commerci e alle campagne militari, il topo ha esteso il proprio areale pressoché a qualsiasi parte del globo, anche sulle isole più remote.
Proprio grazie ai topi, si è potuta tracciare una mappa dei primi spostamenti effettuati dagli uomini e rimasti sconosciuti in quanto svoltisi in periodi in cui non si conosceva ancora la scrittura. In base ad esami filogenetici delle popolazioni di topo danesi e di quelle dell'isola di Madera, nell'Oceano Atlantico, è emerso un antico ed insospettabile legame fra queste, segno di un'antica presenza umana nella zona.


Un gatto che mangia un topo.

Il topo non è però sempre un coinquilino innocuo, spesso, infatti, pur rivelandosi assai meno dannosi rispetto ai ratti, causa danni ingenti alle riserve di cibo e trasmette varie malattie. Si ritiene che proprio per tenere lontani questi roditori l'uomo abbia dato il via all'addomesticamento del gatto.
Nelle aree in cui si è stabilito, inoltre, spesso il topo ha prosperato a discapito delle specie già presenti, divenendo in alcuni casi un vero e proprio flagello.

Nonostante ciò, il topo è stato anche tenuto in cattività come animale domestico, già a partire dal 1100 a.C. si hanno notizie di topolini domestici in Cina. Attualmente, si tende a selezionare i topi domestici in tre lineamenti separati:

i topi "da compagnia", selezionati per la varietà di colori e fogge del pelo, oltre che per la mitezza del temperamento;i topi da utilizzare come cibo vivo per altri animali tenuti in cattività, fra cui varie specie di rettili ed artropodi. Generalmente questi topi sono monocromatici (se non albini) e dal temperamento mite, poiché in caso contrario potrebbero ferire anche seriamente gli animali a cui sono destinati come predai topi selezionati come cavie da laboratorio. I topi, infatti, sono organismi modello. Grazie alla facilità e velocità con la quale si riproducono, alle piccole dimensioni, al ciclo vitale molto veloce ed alla frugalità, si dimostrano utili nello studio di numerose discipline (oncologiaembriologiageneticatossicologiafarmacologia etc.), tanto più che essi presentano una forte omologia con l'uomo.

Il genoma del topo, infatti, venne sequenziato completamente verso la fine del 2002: la sua parte aploide misura circa 3000 megabasi (più o meno come quella umana) ed è distribuita su 20 cromosomi[22]. Tuttavia, è difficile fare una conta attendibile dei geni contenuti nel genoma del topo: una stima recente (che poi è quella attualmente accettata dalla maggior parte degli studiosi) parla di 23.786 geni, contro i 23.686 dell'uomo. Virtualmente, ciascun gene di topo trova un omologo nel genoma umano, il che permette di effettuare esperimenti su di essi. La sperimentazione sui topi, come quella sugli altri animali, è tuttavia contestata da pochi ricercatori che la ritengono un errore metodologico e dai sostenitori dei diritti animali.

Da un articolo pubblicato nel 2011 su Nature, risulta che la quasi totalità della comunità scientifica (92%) è comunque d'accordo sull'indispensabile ruolo che ha la sperimentazione animale nella ricerca biomedica e pura, seppure sperando che in un futuro prossimo questa possa finalmente essere sostituita con altri metodi, ora ancora inesistenti, mentre solo una netta minoranza (3%) degli scienziati si dice contraria alla sperimentazione animale.

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Rattus Rattus

Roditore

Il ratto nero o ratto comune (Rattus rattus Linnaeus1758) è un mammifero roditore appartenente alla famiglia Muridae.
È inserita nell'elenco delle 100 tra le specie invasive più dannose al mondo.

Un tipico rattus rattus adulto misura dai 12 ai 18 cm, a cui si devono aggiungere fra i 15 e i 22 cm di coda. Il peso si aggira attorno ai 200 g, tuttavia non sono rari esemplari di 300 g. I maschi sono generalmente più grossi e robusti rispetto alle femmine.

Aspetto

Il corpo è squadrato e robusto, con zampe posteriori più lunghe e forti rispetto a quelle anteriori: la parte inferiore dei pollici anteriori presenta anelli a forma di scaglie, mentre gli alluci delle zampe posteriori sono ridotti a semplici tubercoli. Su ogni zampa si trovano nella regione plantare cinque cuscinetti in corrispondenza delle dita.
Il pelo, come intuibile dal nome comune, è di colore nero, con tendenza a schiarirsi nella zona ventrale: le popolazioni locali presentano caratteristiche sfumature di bianco, grigio e bruno su dorso e ventre, spesso con sfumature azzurrognole. Il tarso e la zampa vera e propria sono glabri e di colore carnicino-nerastro, mentre la coda, ricoperta di radi peli, è scagliosa e dello stesso colore delle zampe. Il muso appuntito è glabro e rosato, così come le orecchie di media grandezza. Gli occhi sono neri. Sul muso sono presenti lunghe e sensibili vibrisse.

Rispetto al ratto grigio, il ratto nero presenta generalmente corporatura più slanciata, tuttavia gli esemplari più piccoli e scuri di ratto delle chiaviche possono facilmente passare per ratti neri ad un occhio inesperto o disattento: le due specie presentano tuttavia differenze consistenti a livello cranico, in particolare il ratto nero non possiede le due creste ossee laterali tipiche invece del ratto grigio, mentre il cranio è più stretto ed allungato, con orbite oculari di maggiori dimensioni e molari di forma differente. Le orecchie del ratto nero sono del tutto glabre, a differenza di quelle dei ratti delle chiaviche, che sono ricoperte da una rada e fine peluria; esse sono inoltre più grandi in proporzione al cranio, misurando fino a circa la metà di quest'ultimo ed arrivando, se tirate in avanti, a coprire la metà superiore dell'occhio.

Biologia

Comportamento

I ratti neri vivono in gruppi misti comprendenti numerosi esemplari di ambedue i sessi. Fra i maschi è presente una rigida gerarchia, che si traduce nel maggiore o minore accesso al cibo o alle femmine: queste ultime sono più aggressive rispetto ai maschi e tendono a spostarsi di meno nell'ambito del territorio che ciascun gruppo delimita e che misura in genere circa un centinaio di metri quadrati. Anche fra le femmine è presente una gerarchia, in particolare vi sono sempre due o tre di esse che sono dominanti rispetto a tutti gli altri appartenenti al gruppo, ad eccezione del maschio dominante. Generalmente, i ratti neri si curano poco del proprio territorio, difendendo in modo aggressivo dagli intrusi solo le aree strategiche come le provviste di cibo.
I vari esemplari comunicano fra loro tramite squittii, mentre i comportamenti di dominanza vengono tradotti in posture particolari e nel contatto fisico fra i vari esemplari. Spesso i ratti neri secernono una particolare sostanza oleosa che viene utilizzata sia nella comunicazione con altri esemplari nell'ambito dello stesso gruppo, che come deterrente per gli intrusi, in quanto spesso questa viene utilizzata per marcare i confini del territorio.

Questi animali sono attivi a tutte le ore, ma presentano picchi di attività principalmente dopo il tramonto: durante il giorno, i ratti neri tendono a riposarsi in nidi voluminosi e di forma globulare, costruiti con steli d'erba e foglie, situati generalmente in alto, ad esempio fra le fronde di un albero o ai piani alti di un edificio (in particolare nelle soffitte, da cui il nome comune di "ratto dei tetti"): solo raramente i ratti neri si scavano tane ipogee. Per muoversi a grandi altezze, il ratto nero utilizza la lunga coda come un contrappeso durante i suoi movimenti, per mantenere l'equilibrio ed evitare di cadere. Nelle isole Trobriand, tuttavia, i ratti neri utilizzano la coda a mo' di esca per catturare dei piccoli granchi.

Alimentazione

A differenza dei ratti delle chiaviche, il ratto nero è prettamente erbivoro: si nutre in prevalenza di cereali, frutta e granaglie, depredando i silo nelle aree rurali e portuali e causando danni anche ingenti, in quanto contamina il cibo con urina ed escrementi, rendendosi così veicolo di numerose malattie come la leptospirosi. All'occorrenza, il ratto nero non disdegna di nutrirsi anche di insetti o di altri invertebrati, mangiando in caso di necessità qualsiasi cosa riesca a digerire.
Generalmente, un ratto nero di medie dimensioni consuma 15 g di cibo e 15 ml di acqua al giorno.

Riproduzione

I ratti neri non hanno un periodo riproduttivo preciso, ma le femmine possono riprodursi durante tutto l'anno (con picchi in estate ed autunno), dando alla luce fino a cinque nidiate l'anno se le condizioni climatiche lo consentono. La gestazione dura poco meno di un mese, al termine del quale viene dato alla luce un numero di cuccioli variabile fra i 5 ed i 12: in prossimità del parto, la femmina comincia ad imbottire il nido con una grande quantità di materiale morbido, come foglie secche e muschio, ma anche carta e plastica. I cuccioli nascono glabri, ciechi e sordi: non aprono gli occhi prima delle due settimane d'età e vengono svezzati attorno al mese; possono dirsi indipendenti già appena dopo lo svezzamento, anche se non si allontanano dal nido prima di aver raggiunto la taglia adulta. Per raggiungere la maturità sessuale, tuttavia, impiegheranno dai 3 ai 5 mesi.

Speranza di vita

Il ratto nero raramente vive più di un anno in natura, mentre in cattività raggiunge i quattro anni di vita.

Distribuzione

La specie, con tutta probabilità originaria dell'Asia (probabilmente dell'Insulindia o del subcontinente indiano), si diffuse al seguito dei commercianti arabi in gran parte dell'Asia, ed in seguito raggiunse l'Europa con le navi di ritorno dalla Terra Santa durante le crociate: da qui, al seguito dei viaggi per mare di mercanti e coloni europei, si diffuse man mano in tutto il mondo.

Si ritiene che l'arrivo del ratto nero in Europa abbia preceduto di sei secoli quello del ratto grigio: esso coincise con lo scoppio dell'epidemia di peste bubbonica che sconvolse il continente, provocata da batteri trasportati dalle pulci appartenenti alla specie Xenopsylla cheopis, che prospera nel pelame di questi animali. Il ratto grigio, più aggressivo e adattabile, ha rimpiazzato nel tempo il ratto nero in gran parte delle aree temperate e fredde del suo areale, mentre nelle aree tropicali (oltre che in Nuova Zelanda) è il ratto nero ad avere la meglio nella competizione. Pare infatti che il ratto nero sopporti anche climi sia più caldi che più freddi rispetto al ratto grigio, prosperando in ambienti subtropicali e tropicali, dove si riproduce a ritmi assai più elevati del normale. A differenza del congenere questo animale predilige aree più asciutte: pur trovandolo spesso in aree vicine all'acqua, come le aree costiere, i porti e le navi (anche se attualmente le severe norme di derattizzazione hanno reso piuttosto rara la sua presenza nelle imbarcazioni, mentre in passato era talmente comune da dargli il nome "ratto delle navi"), è assai raro che esso si avventuri in acqua. Esperto arrampicatore, lo si trova spesso anche ai piani alti degli edifici (da cui l'altro nome comune di "ratto dei tetti") o sulle cime degli alberi.

In Italia la sottospecie nominale è diffusa su tutto il territorio, isole maggiori e minori comprese: la sua densità è maggiore nelle aree costiere, mentre tende a rarefarsi man mano che si procede verso l'interno. Comune fino a quote di 250 m, ad altezze maggiori la sua presenza è legata alla presenza di insediamenti umani.

Tassonomia

In passato venivano riconosciute numerose sottospecie di ratto nero, distinte fra loro principalmente in base alla loro localizzazione geografica ed alla loro colorazione del pelo:

  • Rattus rattus alexadrinus

  • Rattus rattus arboreus

  • Rattus rattus argentiventer

  • Rattus rattus brunneus

  • Rattus rattus brunneusculus

  • Rattus rattus diardi

  • Rattus rattus flavipectus

  • Rattus rattus frugivorus

  • Rattus rattus gangutrianus

  • Rattus rattus kandianus

In seguito, la specie venne sottoposta ad una revisione tassonomica che portò alla distinzione di tre sole sottospecie, mentre le altre vennero considerate piuttosto come popolazioni frutto di un meticciamento più o meno vario fra le tre sottospecie principali, ossia:

  • Rattus rattus alexandrinus, marrone dorsalmente e grigio sul ventre;

  • Rattus rattus frugivorus, marrone sul dorso e bianco o color crema nelle parti inferiori;

  • Rattus rattus rattus, completamente nero sul dorso, nero o grigio scuro sulle regioni ventrali;

Venne inoltre messa in luce la differenza anche a livello cromosomico fra gli esemplari di ratto nero asiatici e quelli europei: i primi, infatti, presentano un numero di cromosomi 2n=42, mentre i secondi presentano, a seconda della popolazione, 2n=38 o 40. Il fatto che la prole frutto di incrocio fra queste due popolazioni sia spesso sterile porta a pensare che si tratti di specie a sé stanti, rendendo perciò necessaria l'istituzione di una nuova specie (Rattus tanezumi) comprendente i ratti neri asiatici. Le tre sottospecie sopracitate, invece, per la facilità con la quale si meticciano fra loro dando prole fertile, hanno invece portato gli studiosi ad essere sempre più propensi a considerare il ratto nero come specie monotipica.

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Rattus Norvegicus

Roditore

Il ratto grigio, noto anche come ratto marrone, ratto norvegese, ratto delle chiaviche, surmolotto o pantegana (Rattus norvegicus Berkenhout) è un mammifero roditore della famiglia dei Muridi. È la specie più comune e diffusa di Rattus, presente praticamente in tutto il mondo; in Europa ha soppiantato il preesistente ratto nero (R. rattus) fra la fine del Medioevo e la Rivoluzione industriale.

Distribuzione

A dispetto del nome scientifico, il ratto norvegese proviene dall'Asia, molto probabilmente dalla Cina settentrionale, dalla Mongolia e dalla Siberia sudorientale. Diffusosi anche attraverso i commerci umani, oggi il ratto norvegese è presente ovunque sia presente l'uomo, con poche eccezioni (l'Antartide, l'Alberta[4] e alcune riserve speciali in Nuova Zelanda). Sulla base della diffusione, il R. norvegicus viene considerato una delle specie animali di maggior successo.

Se ne conoscono cinque sottospecie, la validità delle quali è stata tuttavia spesso messa in discussione: Rattus norvegicus albinicus, Rattus norvegicus caraco, Rattus norvegicus domesticus, Rattus norvegicus norvegicus e Rattus norvegicus socer. Il nome norvegicus viene fatto risalire al 1769, quando nel libro "Profili della storia naturale della Gran Bretagna" il naturalista John Berkenhout racconta dell'arrivo dei ratti in Inghilterra attraverso navi di provenienza per l'appunto norvegese.

In Italia, la sottospecie nominale è diffusa in tutto il territorio peninsulare, nonché nelle isole maggiori e nella massima parte di quelle minori.

In natura, la specie è associata a fiumi, stagni ed in genere a sorgenti permanenti d'acqua anche salmastra, dal livello del mare alla media collina: si tratta tuttavia di una specie spiccatamente antropofila, che predilige ambienti ad antropizzazione forte e permanente, colonizzando le fognature (da cui il nome di "ratto delle chiaviche", in contrapposizione al ratto dei tetti che predilige aree asciutte), le discariche ed in generale le zone dove vi è una forte dispersione di cibo e una scarsa igiene.

Descrizione

Dimensioni

Può misurare fino 40 cm, di cui poco meno della metà spettano alla coda, per un peso medio di 350 g: alcuni esemplari di eccezionale grandezza raggiungono il chilogrammo di peso, mentre sembrerebbero frutto di invenzioni, o di confusione con altre specie di roditore (come la nutria od il topo muschiato), gli avvistamenti di esemplari ancora più grossi. I maschi sono solitamente più grossi e robusti rispetto alle femmine.

Aspetto

Un cranio di ratto grigio: notare le due creste ossee sulla parte superiore.

Il pelo è corto ed ispido ed ha un colore che va dal grigiastro al bruno, con brizzolature nere o bianche sul dorso: verso il ventre, il colore tende a divenire man mano più chiaro, fino a sfumare addirittura nel bianco sul basso ventre.


Particolare della bocca di un ratto delle chiaviche: sono messi in evidenza gli aguzzi incisivi.

Il corpo è di forma piriforme, con quarto posteriore arrotondato e testa di forma squadrata, che costituisce la principale differenza dal ratto nero, il quale possiede invece un muso più pronunciato ed altre caratteristiche differenti a livello osseo, come la presenza di archi temporali dritti anziché curvi come nel ratto grigio e due creste ossee sulla parte superiore del cranio, assenti invece nel ratto nero. Le zampe sono glabre e di colore grigio-rosato, con le posteriori più lunghe e forti rispetto a quelle anteriori: queste ultime vengono utilizzate per afferrare il cibo e portarlo alla bocca, nella quale trovano sede gli aguzzi incisivi ricoperti da smalto di colore giallastro. Le orecchie hanno forma triangolare e sono più piccole rispetto a quelle dei congeneri, tanto che ripiegandole in avanti esse non arrivano a coprire gli occhi dell'animale, che sono a capocchia di spillo e di colore nero: esse sono ricoperte da una fine peluria e di colore rosato. La coda, anch'essa glabra ma ricoperta di scaglie, è piuttosto larga alla radice ma tende ad assottigliarsi man mano che si procede verso la parte distale: essa presenta colore grigiastro.


Un fancy rat (ratto da compagnia) "Blazed"

I ratti sono anche impiegati nei laboratori come organismi modello, e talvolta anche come animali da compagnia. I ratti da laboratorio e da compagnia presentano alcune differenze somatiche rispetto ai loro simili selvatici, dovute alla riproduzione selettiva da parte dell'uomo. Per esempio, mentre i ratti selvatici sono quasi sempre di un colore marrone melange, nei laboratori sono largamente impiegati ratti albini, e i ratti di compagnia esibiscono una grande varietà di colorazioni. Alcune varietà di ratto domestico presentano anche altre differenze somatiche rispetto al ratto selvatico, per esempio una diversa forma delle orecchie nella cosiddetta varietà "Dumbo".

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di animali attivi principalmente durante la notte, mentre durante il giorno essi dormono in nidi posti in un anfratto ampliato scavando con le zampe anteriori ed i denti e reso più confortevole con un'imbottitura di erbe, carta, plastica ed altro materiale. I nidi sono molto complessi e comprendono numerose camere, alcune elette a magazzini per il cibo, altre a luoghi di riposo ed altre ancora a latrine: i ratti spesso fanno lavori di ammodernamento della tana, scavando nuove gallerie ed ampliando le camere preesistenti. Quando escono dalle proprie tane per procacciarsi il cibo, spesso i ratti vengono a trovarsi al di fuori del proprio territorio (che sembrerebbe avere un diametro di una cinquantina di metri): in queste occasioni essi fanno affidamento alla loro memoria, che pare essere assai sviluppata (tanto da essere negli ultimi anni sempre più frutto di studi di psicologia, che hanno dimostrato inoltre che i ratti sono metacognitivi, ossia possiedono la percezione del "sé", caratteristica prima d'ora riscontrata solo in alcuni primati e nei delfini), muovendosi lungo piste memorizzate che portano a sorgenti di cibo. Nonostante il ratto grigio si affidi principalmente alla vista ed all'udito per muoversi nel suo ambiente, esso è in grado di trovare la strada anche al buio grazie alle vibrisse, che permettono all'animale di percepire eventuali ostacoli sul proprio cammino anche in assenza di luce.

I ratti vivono perlopiù in gruppi formati da una coppia progenitrice, ossia la prima che si è stabilita in un determinato territorio, e dalla sua numerosa discendenza: nell'ambito di un gruppo, si ha una predominanza dei maschi rispetto alle femmine, ed a loro volta i maschi sono subordinati l'uno all'altro in ordine di stazza. I vari membri del gruppo comunicano fra loro principalmente tramite tutta una serie di squittii, che variano a seconda del sesso, dell'età e dello status dell'animale nell'ambito del gruppo, ma si ritiene che anche la postura del corpo ed in particolare dei segnali di natura chimica aiutino gli animali a comunicare fra loro: il ratto grigio, infatti, ha un olfatto prodigioso. I ratti, inoltre, sono in grado di percepire gli ultrasuoni e, pur avendo una vista piuttosto debole, sono in grado di percepire alcune frequenze dell'ultravioletto.

Alimentazione

Un ratto durante il pasto.

Si tratta di animali tendenzialmente onnivori, che tuttavia preferiscono nutrirsi di carne quando se ne presenti l'occasione: gli esemplari che vivono in aree urbane si nutrono principalmente di scarti, mangiando praticamente tutto ciò che di commestibile riescono a reperire: possono nutrirsi senza conseguenze nefaste per l'organismo anche di cuoio e di sapone. Uno studio del 1964 portò in evidenza il fatto che i cibi preferiti dai ratti erano le uova strapazzate, la pasta al formaggio ed il mais tostato, mentre i meno graditi erano peschebarbabietole e sedano crudi.
In natura, la specie tende a nutrirsi in massima parte di cereali, anche se vi è una variazione di dieta a seconda della popolazione presa in considerazione: i ratti che vivono in aree fluviali o vicine al mare, ad esempio, possono cacciare il pesce od i molluschi catturandoli con le zampe anteriori, mentre quelli di aree povere di cibo di origine vegetale possono ripiegare sugli uccelli ed i loro nidiacei. Il fatto che delle determinate popolazioni pratichino da generazioni la stessa attività la dice lunga sul ruolo fondamentale che ha l'apprendimento dagli adulti da parte dei giovani in questa specie. I ratti possono inoltre uccidere tutta una serie di piccoli animali (lucertoletopi, pulcini etc.), per poi stiparli nelle proprie tane e nutrirsene in seguito: in alcuni casi, gruppi di ratti grigi hanno addirittura aggredito dei bambini.

Riproduzione


Una nidiata di piccoli ratti grigi.

In condizioni favorevoli, i ratti grigi possono riprodursi durante tutto l'arco dell'anno, arrivando in media a dare sette nidiate l'anno per ciascuna femmina: alle alte latitudini o nelle aree montane, durante i mesi più freddi il ritmo riproduttivo viene rallentato, anche se mai fermato del tutto. La femmina ha un estro che dura circa sei ore e durante il quale essa si accoppia promiscuamente coi maschi, arrivando a un totale di 500 rapporti sessuali.
La gestazione dura fino a 24 giorni, al termine dei quali vengono dati alla luce da tre a quindici cuccioli del peso di 6 g ciascuno, ciechi, sordi e nudi: essi sono tuttavia in grado di emettere ultrasuoni per sollecitare la madre a stare attenta nel muoversi o a dar loro la poppata. Spesso numerose femmine partoriscono in un'unica camera, per poi allattare indistintamente tutti i piccoli che chiederanno la poppata, a prescindere se siano o meno figli loro: in ogni caso, pare che il tempo e le energie che ciascuna femmina spende per la cucciolata siano inversamente proporzionali alla consistenza numerica della cucciolata stessa. Circa 18 ore dopo la nascita della nidiata, la femmina è di nuovo ricettiva e può venire nuovamente ingravidata. I cuccioli aprono gli occhi attorno alle due settimane di vita, mentre attorno al mese essi vengono svezzati ed una settimana dopo lo svezzamento possono dirsi del tutto indipendenti dalla madre: i maschi divengono sessualmente maturi attorno ai tre mesi di vita, mentre le femmine attorno ai quattro. Raramente, tuttavia, i maschi riescono ad accoppiarsi subito, in quanto ancora di piccole dimensioni e quindi surclassati dai vecchi maschi di maggiori dimensioni nella competizione per l'accoppiamento.

La vita media di R. norvegicus in natura è di due anni, mentre in cattività esso raggiunge fino ai quattro anni di vita.

I ratti e l'uomo

Un ratto in un vaso da fiori a New York: la presenza del ratto si accompagna a quella umana sin dal Medioevo.

Originario della Manciuria, durante il Medioevo il ratto cominciò a diffondersi anche in Europa, al seguito dei viaggiatori che per primi commerciavano coi popoli orientali.

La presenza del ratto grigio in Europa è databile al 1553, in base a quanto si può vedere nel libro Historiae animalium dello svizzero Conrad Gesner[34]: il disegno contenuto nel libro potrebbe essere riferito anche al piuttosto simile ratto nero, tuttavia Gesner parla di un'alta percentuale di individui albini nelle popolazioni selvatiche dell'animale illustrato, il che si accorderebbe maggiormente a quanto riscontrabile nei ratti grigi[35].
Nel 1730 il ratto grigio sbarcava in Inghilterra, cinque anni dopo era in Francia, altri cinque anni dopo era in Germania ed in Nord America, mentre la Spagna venne invasa solo nel 1800: il vero boom della popolazione europea di ratti grigi si ebbe solo con la Rivoluzione Industriale, quando le condizioni igienico-sanitarie disastrose delle aree povere (i cosiddetti slum) rappresentarono per i ratti un ambiente ideale per diffondersi.

Attualmente, il ratto grigio è il secondo mammifero di maggior successo al mondo, dopo l'uomo: si ritiene che nelle grandi città, come New York o Londra, vi siano più ratti che abitanti umani.

Il ratto come animale da compagnia

Lo stesso argomento in dettaglio: Ratto da compagnia.

I ratti da compagnia o ratti domestici, detti anche fancy rat (secondo una denominazione inglese largamente diffusa anche nella letteratura in lingua italiana) sono ratti norvegesi allevati e venduti come animali da compagnia. I ratti da compagnia presentano, rispetto ai loro simili selvatici, numerose differenze fisiche e comportamentali, ascrivibili sia a influssi ambientali che agli effetti della riproduzione selettiva negli allevamenti. La pratica di tenere ratti come animali da compagnia ebbe origine nel Regno Unito nella prima metà dell'Ottocento (la celebre scrittrice e illustratrice inglese Beatrix Potter, per esempio, possedeva un ratto bianco), ma si è diffusa in modo significativo solo a partire dagli ultimi decenni del Novecento. Oggi i ratti sono usati come animali da compagnia in gran parte del mondo, nonostante qualche resistenza culturale (legata soprattutto all'idea che siano portatori di malattie trasmissibili all'uomo) e, in alcuni casi, espliciti divieti legislativi

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Serpenti

Rettili

Si somigliano. Spesso vengono confusi. Bisce e altre serpi sono indispensabili nella catena alimentare

SICUREZZA ANIMALI

L’incontro con un rettile, rappresenta sempre un momento di paura ma, prima di farsi prendere dal panico, è bene però osservare attentamente il rettile per capire di cosa si tratta.

NON pensare che ogni serpe strisciante sia Vipera e non pensare che questa sia sempre velenosa.

Ricordati altresì che, anche ti trovassi di fronte una Vipera, questa attacca solo per difendersi e non a caso, qualunque cosa gli si muova accanto.

Prima di descriverti i principali Serpenti d’Italia, permettimi di farti notare che, molto spesso Bisce o Serpentelli innocui vengono scambiati per Vipere e quindi temuti senza ragione.

Ci sono alcune differenze sostanziali tra un Colubro/Natrice ed una Vipera.

Quelle più evidenti sono le seguenti:

  • Il Colubro ha il muso stondato. La Vipera invece ce l’ha squadrato.

  • Nel Colubro la pupilla è arrotondata. Nella Vipera è verticale.

  • La coda del colubro è lunga e fine. La coda della Vipera è tozza e corta.


QUALI SONO E DOVE VIVONO I SERPENTI ITALIANI. IL LORO HABITAT

  • In generale, i serpenti abbondano maggiormente nelle zone rurali in cui vi sia abbondanza di cibo costituito da piccoli mammiferi, uccelli, insetti.

  • Nelle zone rurali in cui vi sia abbondanza di pietraie o sabbia in cui topi o altri piccoli mammiferi abbiano scavato tunnel e tane.

  • Nelle radure rurali erbose con molti arbusti e rovi.

  • Lungo i fiumi o corsi d’acqua dove c’è abbondanza di cespugli infestanti quale il Poligono del Giappone o Reynoutria/Fallopia Japonica, autentico rifugio privilegiato da Bisce e Serpi.

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Biacco

Rettile

Tra i Serpenti d’Italia, è una delle serpi più diffuse, tanto da assumere diversi nomi dialettali.

Il Biacco o Hierophils viridiflavus ha diversi nomi dialettali, a testimoniare la grande diffusione in Italia di questa innocua serpe.

Mirauda in Piemonte (soprattutto tra Biellese e Valsesia), Milordo o Milorda nel Varesotto, Susèr o Bés bastunèr nel Bresciano, Verèm bastunèr nel Bergamasco, Anza nel Mantovano, Scarbònas nell’appennino Emiliano, Carbonaz o Carbonazo tra Veneto e Trentino, ma anche Carbonasso nell’area di Asiago.

Frustone in Italia Centrale tra Romagna, Marche, Toscana e Lazio ma nell’Umbria è chiamato semplicemente Serpe, Agnone in Campania, Scurzune nel Salento, Scurzuni o Scurzone in Calabria, Vìsina in Sicilia Occidentale.

In italiano è anche detto Colubro verde e giallo, è un serpente non velenoso che solitamente non attacca l’uomo se non costretto perchè non trova altra via di fuga.

Preferisce di gran lunga fuggire piuttosto che attaccare, ma se pestato, toccato o afferrato può dispensare ripetuti morsi che possono provocare ferite anche gravi.

Il Biacco o Colubro verde-giallo dai caratteristici colori che virano dal giallo al verdastro e rossiccio

L’Habitat del Biacco

Il Biacco vive preferibilmente vicino ai fiumi, nelle zone umide, ma anche nei boschi scuri/ombrosi.

Il suo habitat preferito sono le macchie di Poligono del Giappone o Fallopia japonica o anche detta Reynoutria japonica.

Molto spesso, il Biacco occupa tunnel e tane di topi/ratti di cui si nutre, risultando anche  un ottimo regolatore della popolazione di Vipere perchè, bisce, vipere e serpentelli giovani costituiscono il suo pasto insieme a sauri, orbettini, lucertole, anfibi e soprattutto a uova di uccelli.

Lo si riconosce facilmente per la sua stazza medio-grande.

Spesso è lungo più di un metro e la sua coda decresce fino a diventare ben fine.

Ha colore nerastro con sfumature giallo-verde-rosso che aumentano negli esemplari adulti.

Si arrampica facilmente e sa nuotatore perciò lo si può trovare molto spesso in acqua confondendolo con una biscia d’acqua.

E’ un rettile diurno. Caccia e girovaga in pieno giorno.

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Cervone

Rettile

Il Cervone è tra i Serpenti d’Italia e d’Europa, il più lungo tra tutti, riuscendo a raggiungere anche i 2 metri e 40 ed è anche detto Posturavacche, o Sacàra nel Salento.
Vive negli incolti con ruderi, muretti a secco o nei boschi ma, esclusivamente nella macchia mediterranea, uliveti o boschi molto radi fin verso i 1000 mt dalla Toscana alla Calabria.
É invece assente dal Nord Italia ed isole.
Noto per la sua capacità di arrampicarsi sugli alberi facendo forza sulla forte coda prensile che gli consente di innalzarsi fino almeno ad 1 metro di altezza, si nutre di piccoli mammiferi tra cui topi, scoiattoli, conigli e donnole, uccelli nidiacei con le loro uova e piccole lucertole.
Facilissimo riconoscerlo grazie alle 4 bande longitudinali. Non è velenoso ed è prevalentemente diurno.
Appartiene alla famiglia dei Colubri.

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Coronella

Rettile

Il Colubro liscio o Coronella austriaca, in Italia non è presente nell’Abruzzo-Molise-Puglia-Basilicata
Vive tra le golene dei corsi d’acqua, pietraie e radure secche ed asciutte.
Non disdegna neppure i nostri giardini, venendo perciò molto spesso catturata ed uccisa perché scambiata per una Vipera perché avrebbe la “testa triangolare”.
In realtà questa serpe tiene lontani dalle nostre case e giardini Topi, Ratti, Arvicole ed altri piccoli animaletti, spesso fastidiosi.
Spesso confuso con la Vipera, è un serpente innocuo che, se colto di sorpresa, assume la posizione a S, alza la testa e soffia.
Colubro liscio o Coronella Austriaca variante con striature color marrone, tipica del resto d’Europa/Europa dell’Est – foto: Edo van Uchelen
Il Colubro liscio o Coronella austriaca si nutre di Orbettini (foto di seguito) e Lucertole ma anche, come appena detto, di altre prede di piccolissima taglia.
Orbettino o Angus fragilis. NON É UN SERPENTE! Ma una lucertola senza zampe. foto: Angelo Giovinazzo
I roditori appena nati sono una preda ambita da questa serpe.
Segno distintivo è una fascia nera che dal collo arriva alle narici.

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Coronella Girondica

Rettile

Il Colubro di riccioli o Coronella Girondica
Il Colubro di riccioli / Coronella girondica, è presente in Italia dal Piemonte-Liguria alla Toscana, Lazio, Umbria ed Abruzzo.
Colubro di riccioli o Coronella girondica
Il suo habitat sono tutte le zone rurali abbandonate che siano boschi, macchia o fondi agricoli ma anche rocciosi e pascoli.
E’ una specie innocua, spesso scambiata per Vipera a causa dei suoi colori e macchie molto simili a quelli del più temuto serpente.

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Colubro Sardo

Rettile

Colubro sardo
Il Colubro ferro di cavallo è anche detto Colubro Sardo.
Colubro ferro di cavallo o Colubro sardo – ph: Baudilio Rebello Fernàndez
E’ un raro serpente innocuo che, in Italia, vive nell’isola di Pantelleria e nella Sardegna Centro-Meridionale.
Il suo habitat è la macchia mediterranea, pianure costiere, fondi agricoli, vigneti ed uliveti.

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Colubro Leopardino

Rettile

Il Colubro leopardino
Il Colubro leopardino è presente in poche regioni d’Italia.
Colubro leopardino dai classici disegni leopardati
Essenzialmente in Puglia, a Sud del fiume Ofanto, in Basilicata Orientale e più raramente in Calabria e Sicilia.
Vive principalmente nei fondi agricoli e nelle radure.
Questo Colubro è innocuo e non attacca quasi mai l’uomo, mentre sistematicamente viene ucciso dall’uomo perché i suoi colori leopardati fanno credere, a torto, che si tratti di specie esotica ed assai velenosa.

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Colubro Lacertino Velenoso

Rettile

Il Colubro lacertino velenoso
Questo Colubro (il lacertino) è l’unico serpente della famiglia dei Colubri ad esser velenoso ma…
Il suo veleno risulta assai più blando e poco potente rispetto a quello della Vipera tanto da costringere questo Colubro a finire le proprie prede stritolandole perché l’effetto del veleno non è sufficiente per farle morire.
Colubro lacertino
E’ assai comune in Liguria, inclusa l’isola di Gallinara.
Molto spesso esemplari schiacciati dalle auto si rinvengono in quantità lungo le strade di collina tra vigneti, serre ed uliveti della Liguria Centrale e di Ponente.
Nel resto d’Italia è presente soltanto nell’isola di Lampedusa.
Oltre ai fondi agricoli è spesso presente anche tra paludi e canneti costieri.
Si nutre di sauri, lucertole, topi, ratti, uccelli e persino conigli selvatici.
Può raggiungere i 220 cm ed il suo colore marroncino-bruno-grigio spesso vira verso il verde.

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Colubro di Esculapio

Rettile

Il Colubro di esculapio o Saettone / Serpenti d’Italia
Il Colubro di Esculapio o Saettone, è un serpente che non possiede veleno
Colubro di esculapio o Saettone dal caratteristico colore che parte dal bruno della coda e schiarisce andando verso la testa che risulta di colore marroncino-giallo/verde oliva
É però un abile costrittore che potrebbe tentare di stritolare le gambe dello sfortunato passante che si viene a trovare sul suo cammino.
Può raggiungere facilmente il metro e mezzo e più raramente i 200 e rotti centimetri.
In Italia lo si trova dalle Alpi (fin verso i 2000 mt) al Volturno e Foggiano, assente dalla Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia dove invece è presente il Saettone occhirossi, endemico del Sud Italia.
Entrambi sono serpenti diurni che si nutrono di lucertole, passeracei, piccoli roditori, piccolissimi mammiferi.
Saettone (Zamenis longissimus) ph: Francesco Guerzoni
Questo serpente quand’è giovane è preda di rapaci, mustelidi, volpi, cinghiali ma anche della Coronella austriaca.
Il suo habitat preferito sono gli incolti a foglie caduche, le zone rurali abbandonate ma anche le zone urbane dove abbondano topi e ratti.
In Pianura Padana è spesso presente nei campi di mais o di frumento.
Non ama le zone umide.

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Natrice Viperina

Rettile

la Natrice viperina o Natrix maura
Nonostante il nome “viperina” la Natrice viperina o Natrix maura, è un serpente innocuo che non produce veleno. É una biscia d’acqua
Natrice viperina – ph: Honorio Iglesias
Ha un corpo massiccio che può raggiungere il metro di lunghezza ed è caratteristico per il suo colore grigio-marroncino cui si mescolano spesso il giallo, il nero ed il verde.
Vive essenzialmente in Sardegna, in Liguria e basso Piemonte ma alcune segnalazioni giungono anche dalla provincia di Piacenza-Oltrepò Pavese, dal Parco del Ticino e da alcune vallate termofile del resto di Piemonte e Lombardia Occidentale ed in Umbria.
É una specie diurna che si nutre essenzialmente di anfibi e pesci ed è ghiotta di girini.
Il suo habitat ideale sono le golene fluviali, letti di fiumi e torrenti, meglio se con suoli sabbiosi. Spessissimo viene confusa con la Vipera.

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Natrice dal collare

Rettile

La Natrice dal collare o Natrix natrix
La Natrice dal collare o Natrix natrix è un serpente tipicamente europeo non velenoso.
Il natrix natrix può essere il più rappresentativo tra tutti i Serpenti d’Italia.
Natrice dal collare o Natrix natrix – Biscia d’acqua – Serpenti d’Italia
Presente in tutta la penisola, isole comprese, è la classica biscia d’acqua ma ciò nonostante la si può rinvenire anche a diversi chilometri da specchi d’acqua purché vi siano ambienti ombrosi.
Ha caratteristico colore marrone-grigio-nero ma molto più spesso è di colore verdastro o persino di un azzurro chiaro come nell’esemplare fotografato sulle colline Biellesi nel Nord Piemonte, come da fotogallery in apertura di sezione.
Segno distintivo di questa innocua biscia, spesso confusa con la Vipera, è il suo collare di colore giallo/nero, ma in alcuni esemplari di colore grigio/azzurro il collare è solamente nero.
Si nutre di anfibi, rane e pesci, più raramente di piccoli mammiferi quali topolini o altri.
Il suo habitat preferito sono corsi o specchi d’acqua ma anche golene, letti di fiumi ed aree rurali con erbe fitte ed alte.
E’ una specie diurna che molto raramente si difende mordendo.

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Natrice Tassellata

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La Natrice tassellata

La Natrice tassellata è forse la biscia più spesso confusa con la Vipera

Serpente europeo non velenoso

Natrice tassellata o Biscia natrix – foto: Paolo Taranto da www.fotografianaturalistica.com

Tra I SERPENTI D’ITALIA ma soprattutto tra le specie Natrice è la più acquatica di tutte.

E’ un’abilissima nuotatrice che si nutre di pesci, anfibi, rane e girini ed è presente in quasi tutti gli specchi d’acqua ad eccezione di Sicilia e Sardegna.

Non resiste al freddo perciò detto eterotermico, entro Ottobre va in letargo fino ai primi calori primaverili.

Molto spesso queste bisce si rintanano in intere famiglie creando autentici grovigli di bisce che prediligono per il proprio letargo cumuli di materiale organico in decomposizione quale compost ma anche letame o depositi di sfalci di giardino.

Vengono spesso utilizzate per adornare statue di Santi durante alcune processioni religiose nel Centro-Sud Italia.

Mordono l’uomo davvero molto raramente l’uomo.

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Piccioni

Columbide

Il colombo meglio noto come piccione selvatico occidentale (Columba livia Gmelin 1789) è una specie di Columbide abbastanza diffusa; dalla sua forma domestica Columba livia domestica, che include i piccioni viaggiatori e numerose razze ornamentali e da carne, discendono i colombi semi-selvatici diffusi in quasi tutto il mondo, soprattutto nelle piazze delle grandi città.

La forma selvatica è strettamente affine al piccione selvatico orientale (Columba rupestris) e al piccione delle nevi (Columba leuconota), con le quali forma un gruppo di specie ad anello.

Specie politipica, ha 15 sottospecie riconosciute.

Aspetti

Di aspetto simile al colombaccio (Columba palumbus), se ne distingue per:

  • la mancanza delle macchie bianche attorno al collo;

  • il becco bruno anziché rosso e giallo;

  • la mancanza di una linea bianca che attraversa superiormente l'ala del colombaccio;

  • il groppone bianco;

  • le dimensioni leggermente inferiori;

  • Due righe nere orizzontali sulle ali;


Testa


Piccione in riposo

L'uccello è lungo 30-35 cm con apertura alare di 62–68 cm. La parte posteriore sotto le ali bianca è la migliore caratteristica identificativa del piccione, ma anche le due linee nere che corrono sulle ali grigie. La coda è bordata di bianco. La testa e il collo sono grigio blu scuro nell'adulto con riflessi smeraldini. Gli occhi sono arancioni e possono essere circondati da anelli grigio-bianco. Le zampe sono rossastre.

È resistente e veloce nel volo. La vita di un piccione comune varia dai 3 ai 5 anni allo stato selvatico, ma può raggiungere anche 15 anni per le razze addomesticate.

Non è facile distinguere i due sessi, solo quando stanno insieme si può osservare il tipico comportamento del maschio che corteggia la femmina gonfiando il collo, roteando più volte su se stesso in una bizzarra danza ed emettendo un suono rugoloso, onomatopeicamente "trr" o "turu turu"; è inoltre a volte possibile distinguere la femmina dalla statura, spesso leggermente più piccola, e dal fatto che a volte si lascia rincorrere dal pretendente.

Durante l'accoppiamento, il maschio e la femmina si prendono per il becco e piegano il collo a vicenda molte volte, fino a quando la femmina non si accovaccia ed il maschio le salta sulla schiena per fecondarla.

La coppia cova due uova di colore bianco deposte dalla femmina, per 21 giorni si alternano di giorno la femmina e di notte il maschio. I nuovi nati saranno alimentati dalla coppia per i primi 5 giorni con una specie di latte proveniente dal gozzo dei genitori e per i giorni successivi l'alimentazione sarà un mix tra latte, semi di grano, semi di granturco e altro che i genitori possono facilmente trovare.

In un mese i piccoli sono pronti per volare ed abbandonare il nido e dopo solo sei mesi sono in grado di riprodursi.

Habitat

Il piccione è tipico dell'Europa meridionale, del Nordafrica, e del Medio Oriente. Nelle città italiane come in molte altre europee è altamente presente, soprattutto nelle piazze e nei parchi. Ciò costringe ad aumentare la frequenza degli interventi di manutenzione in esterno. Il piccione è granivoro, quindi la sua alimentazione consiste in cereali e leguminose.

Allevamento

Columba livia

I colombi domestici costituiscono razze di una specie non migratrice, capace di orientarsi egregiamente per ritrovare la propria colombaia nonostante copra un grande raggio d'azione: ciò le ha permesso di essere addomesticata (questa qualità è stata migliorata tramite un'accurata selezione ad opera degli allevatori).

Nell'antichità i piccioni viaggiatori venivano costantemente utilizzati per trasportare messaggi in assenza di tecnologie alternative.

L'importanza di questi animali è diminuita con l'utilizzo del telegrafo e delle moderne tecniche di comunicazione, tuttavia l'uomo non ha mai smesso di allevarli sia per passione sia per lo studio delle loro capacità di orientamento ad opera dei ricercatori universitari e, più comunemente, per cibarsene. Vengono anche usati dall'uomo nella caccia al colombaccio come richiamo.

Le capacità di volo di un piccione sono impressionanti: in condizioni di tempo ottimale può percorrere anche 800 km ad una media di 70 km/h per ritornare alla colombaia o piccionaia di origine a cui rimane legato per tutta la vita.[1]


Piccioni in compagnia

I piccioni, inoltre, vengono anche utilizzati per scattare fotografie (da qui il termine piccioni fotografi) sin dall'Ottocento.

Razze

Esistono tantissime razze, con diversi colori e conformazioni di varie parti del corpo. Fra le razze italiane si possono ricordare:

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Nutria

Roditore

La nutria (Myocastor coypus (Molina1782)), detta anche miopotamo coipo, castoro d’acqua e ratto di palude, è un mammifero roditore originario del Sudamerica, unica specie vivente del genere Myocastor e della famiglia Myocastoridae​​

Myocastor dal greco antico μῦς mŷs "topo" e κάστωρ kástōr "castoro"; e coypus dallo spagnolo coipo o coipú (di origine araucana) "nutria".[4] Il nome comune, nutria, deriva dallo spagnolo nutria, alterazione del latino lutra "lontra".[5]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Dimensioni[modifica | modifica wikitesto]

Roditore di grandi dimensioni, con lunghezza della testa e del corpo tra 430 e 635 mm, la lunghezza della coda tra 255 e 425 mm, la lunghezza del piede tra 120 e 150 mm, la lunghezza delle orecchie tra 25 e 30  e un peso tra 5 e 10 kg, talvolta fino a 17 kg. I maschi sono solitamente più grandi delle femmine.

Caratteristiche craniche e dentarie

Il cranio è robusto, con un processo para-occipitale allungato e curvato anteriormente. La mandibola è di tipo istricognato , è crestata e notevolmente deviata verso l'esterno, la disposizione dei muscoli del massetere è di tipo istricomorfo Gli incisivi sono larghi e robusti, con lo smalto color arancione brillante. I denti masticatori hanno una corona alta e radici parziali. Sono progressivamente più piccoli e convergenti anteriormente.

Sono caratterizzati dalla seguente formula dentaria:

31011013

31011013

Totale: 20

1.incisivi2.canini3.premolari4.molari

Cranio di Myocastor coypus

Aspetto

Il corpo è tozzo e robusto. La pelliccia è composta da lunghi peli rigidi color bruno-giallastro o bruno-rossastro. Questi peli nascondono quasi completamente il sotto-pelliccia grigio scuro, soffice, denso e vellutato. Le parti ventrali sono giallo chiaro e meno ruvide delle parti dorsali. Il mento è ricoperto di peli biancastri. Durante l'inverno la pelliccia diventa più folta e densa. La pelliccia della sottospecie M.c.melanops è più scura, probabilmente in relazione ai climi più freddi ed umidi delle regioni più meridionali del continente sud-americano dove è presente. La testa è larga e di forma triangolare, gli occhi e le orecchie sono piccoli e, insieme alle narici, sono situate nella parte superiore della testa. Le vibrisse sono lunghe. Gli arti sono relativamente corti.

I piedi sono più lunghi delle zampe anteriori e sono muniti di 5 dita, di cui le prime 4 sono connesse tra loro da una membrana cutanea, mentre il quinto è libero ed è solitamente utilizzato per pettinare la pelliccia. La pianta dei piedi è priva di peli. Le zampe anteriori hanno 4 dita lunghe, flessibili, non palmate e con un pollice rudimentale. Gli artigli sono affilati e robusti. Una secrezione oleosa, utilizzata per lubrificare il pelo e probabilmente anche per marcare il territorio, viene emessa da alcune ghiandole poste sui lati del muso nella zona dove sorgono le vibrisse e intorno alla regione anale. La coda è più corta della testa e del corpo, è ricoperta finemente di peli tranne che alla base e di scaglie. La sua forma è cilindrica, non compressa lateralmente come nel topo muschiato. Le femmine hanno 4-5 paia di mammelle toraciche, situate molto in alto sui lati del corpo, per agevolare il succhiamento dei piccoli anche durante il nuoto. Il cariotipo è 2n=42 FN=76.

Biologia

Comportamento

È una specie semi-acquatica, notturna e serale, anche se è spesso visibile di giorno, in particolare durante i periodi più freddi. Vive in acquitrini, rive dei laghi e corsi d'acqua lenti. Sebbene preferisca acqua dolce e fresca, alcune popolazioni delle isole cilene vivono in acque salate o salmastre. Costruisce piattaforme di vegetazione dove si nutre e si cura la pelliccia. Utilizza tane di altri animali come rifugio, oppure scava sistemi di cunicoli che variano da semplici tunnel a complessi di camere e passaggi che si estendono per oltre 15 metri.

Traccia anche percorsi nell'erba alta e può allontanarsi fino a 180 metri dai rifugi. La maggior parte del suo tempo lo passa a nuotare o brucare le piante acquatiche. Può rimanere in immersione anche per più di 10 minuti. In acqua si spinge in avanti con colpi alternati dei piedi posteriori palmati. Vive in coppie o piccoli gruppi basati su diverse femmine imparentate tra loro, ma la presenza di molti individui in condizioni ambientali favorevoli può dare l'impressione di formare grandi colonie. I maschi sono spesso solitari ed erratici.

Alimentazione

Esemplare di Nutria dalla pelliccia chiara (Lehde)

Si nutre principalmente di parti vegetali, tra le quali preferisce le radici, i tuberi e i rizomi. Nelle regioni dove è stata introdotta si ciba di qualsiasi coltura disponibile. Ad elevate densità di popolazione riduce drasticamente la presenza di piante acquatiche, causando la formazione di acque aperte al posto di lagune ed acquitrini.

Riproduzione

In cattività è stata osservata riprodursi durante tutto l'anno. Ciò può verosimilmente verificarsi anche allo stato selvatico. In Cile sono state osservate nascite in primavera ed estate. Le femmine sono poliestre e possono partorire 2-3 volte l'anno. Si può verificare un estro post-partum dopo 1-2 giorni dal parto. L'estro dura 24-26 giorni. Hanno un periodo di ricettività di 1-4 giorni. L'ovulazione può essere indotta. La gestazione dura 128-130 giorni.

Mediamente partoriscono 5 piccoli alla volta, con un minimo di un solo nascituro ed un massimo di 13. Appena nato il piccolo pesa circa 100 g, è completamente ricoperto di pelo ed ha gli occhi aperti. Può sopravvivere lontano dalla madre già a soli 5 giorni di vita, ma di solito rimane con essa fino a 6-10 settimane. Raggiunge la maturità sessuale se nato in estate a 6-10 settimane, mentre i nati in autunno a 6-7 settimane. L'80% della mortalità di questa specie avviene nel primo anno di vita. In pochi raggiungono più di 2 o 3 anni. In cattività invece è stata riscontrata un'aspettativa di vita fino a 10 anni.

Distribuzione

Una nutria nuota in un canale in Francia

Questa specie è originaria della parte meridionale del continente sud-americano, dal Paraguay e dalla Bolivia centrale e meridionale fino alla Terra del Fuoco; è una specie tipica di pianura, sebbene possa raggiungere sulle Ande altitudini fino a 1190 metri. Nei primi anni del XIX secolo si sviluppò una richiesta della sua pelliccia (detta appunto "pelliccia di castorino") per scopi commerciali. Divenne quindi abbastanza raro nel suo areale originario. Agli inizi del Novecento si decise quindi di regolare la caccia indiscriminata e di generare allevamenti intensivi di questa specie.

Zone di allevamento furono create sia nelle zone d'origine che in altre parti del mondo. Alcuni individui fuggiti da queste aree o introdotti deliberatamente per poter generare popolazioni ferine si stabilirono quindi negli Stati UnitiCanadaInghilterraFranciaPaesi BassiScandinaviaGermaniaAsia minoreCaucasoAsia centrale e Giappone. Alcune di queste colonie tuttavia risultarono essere in seguito effimere, poiché non molto resistenti agli inverni freddi.

In Italia

Nutria nel Parco della Mandria, in Piemonte

Una coppia di nutrie (Myocastor coypus) sulla Vettabbia, nell'ex area del Porto di Mare

Introdotto e poi allevato in Italia per scopi commerciali (pelliccia), gli esemplari fuggiti o rilasciati dall’uomo hanno portato a un notevole incremento della sua diffusione a livello selvatico. Specialmente negli ultimi anni si è espanso nella pianura padana[7], in Toscana, lungo la costa adriatica dal corso del fiume Brenta in Veneto, in Friuli-Venezia Giulia fino all'Abruzzo e sul versante tirrenico settentrionale e centrale del Lazio. Presenze localizzate si hanno anche nell'Italia meridionale, nell'alta Campania[8], in Sicilia (per esempio nella riserva naturale del fiume Irminio) e Sardegna.

Tassonomia

Alcuni autori trattano la famiglia dei Myocastoridae come sottofamiglia dei Capromyidae.[10]
Sono state riconosciute 4 sottospecie:

Stato di conservazione

Cuccioli di nutria

La IUCN Red List, considerato il vasto areale e la popolazione numerosa, classifica M.coypus come specie a rischio minimo (LC).

Rapporti con l'uomo

La nutria viene presa come bersaglio dai cacciatori per la sua pelliccia e in alcune regioni anche come fonte di cibo.

Predilige scavare tane negli argini che presentano inclinazioni superiori ai 45 gradi, quindi strutturalmente instabili. Le vengono spesso attribuiti danni a dighe e sistemi di irrigazione e viene incolpata di provocare esondazioni.

La nutria è considerata un animale invasivo poiché fa irruzioni in risaie, la sua alimentazione è infatti principalmente costituita da vegetali acquatici.


La neutralità di questo paragrafo sull'argomento biologia è stata messa in dubbio.Motivo: In realtà lo studio citato riporta che nel 92% dei casi gli esemplari di Myocastor coypus si sono tenuti entro i 4 metri dal corso d'acqua, ciò esclude l'8% degli esemplari che, ad ogni modo, non si sono allontanati più di 10m. La pubblicazione dice inoltre chiaramente che " Il consumo di piante terrestri subentra quando la vegetazione igrofila diventa scarsa o assente; per i giovani rappresenta un’integrazione della dieta soprattutto perché la dieta terrestre offre loro la possibilità di soddisfare le esigenze nutrizionali con un minore investimento energetico" (Prigioni 2005). Risulta pertanto errata la conclusione che Myocastor coypus non rappresenti un rischio per le colture terrestri.

Per contribuire, correggi i toni enfatici o di parte e partecipa alla discussione. Non rimuovere questo avviso finché la disputa non è risolta. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento.

Difficilmente si allontana oltre 4 metri dal corso d'acqua e quindi non rappresenta un rischio per le colture terrestri.[11]

Alcuni stati hanno intrapreso attività di eradicazione nel proprio territorio, senza per altro ottenere risultati definitivi.[12] Solo in Inghilterra nessun individuo risulta essere stato più catturato dal 1989[13]. È inserita nell'elenco delle 100 specie invasive più dannose al mondo.

Predatori[modifica | modifica wikitesto]

La nutria è soggetta alla caccia da parte di diversi predatori. In Russia sono stati osservati come principali predatori mammiferi il cane, lo sciacallo dorato, il lupo grigio e il gatto della giungla. In Sud America è predata dal giaguaro, il puma, l'ocelot e il gatto tigre. Altri mammiferi che si nutrono di essa sono la volpe rossa e l'ermellino. Gli uccelli principali cacciatori sono la poiana spallerosse, il falco di palude e l'allocco. Il predatore più comune in Sud America risulta comunque essere il caimano.[10]

Evoluzione[modifica | modifica wikitesto]

I Myocastoridae probabilmente si sono evoluti in Sud America durante l'Oligocene da un ramo degli Adelophomyinae, appartenenti alla famiglia degli Echimyidae. Il primo membro conosciuto della famiglia è Prospaniomys del tardo Oligocene ed è rimasto sostanzialmente un gruppo nativo della Patagonia sin da allora. Altri generi più recenti, vissuti nel Miocene sono SpaniomysHaplostropha e Strophostephanus, fino a Paramyocastor e Isomyopotamus del tardo Pliocene.[10]

Animali parassiti: Immagine
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Pipistrello

Chirottero

I chirotteri (Chiroptera Blumenbach1779) sono un ordine di mammiferi placentati comunemente noti come pipistrelli. È il secondo gruppo di mammiferi più numeroso dopo i roditori, comprendendo circa il 20% delle specie descritte.

Il termine scientifico Chiroptera deriva dalle due parole greche χείρ chéir, "mano" e πτερόν pterón, "ala", con chiara allusione alla peculiarità dell'arto superiore. I due sottordini hanno rispettivamente i prefissi micro- e macro- a evidenziare la differenza di dimensione tra i due gruppi, sebbene i più grandi microchirotteri siano molto più grandi dei più piccoli megachirotteri. Il nome comune pipistrello deriverebbe dal latino vespertīliō -ōnis, a sua volta derivato da vesper -is, ovvero sera, attraverso varie alterazioni avvenute nel tempo come vipistrello o vispistrello. Se nella lingua inglese e in quella spagnola esiste un singolo termine, bat e murciélago, in altre lingue come quella francese e tedesca, sono presenti delle combinazioni di parole per identificare questi animali. Nella prima sono conosciuti come chauves-souris, letteralmente "topi glabri", mentre nella seconda il termine è Fledermäuse o Fledertiere, ossia "topi volanti" o "bestie volanti".

Descrizione

All'ordine dei Chirotteri appartengono gli unici mammiferi in grado di volare e compiere manovre complesse in aria. La specie più piccola, il pipistrello calabrone non pesa più di 2 grammi ed è ritenuto, insieme al mustiolo etrusco, il più piccolo mammifero al mondo, mentre le più grandi sono alcune specie del genere Pteropus e Acerodon, che raggiungono un peso di circa 1,6 kg e un'apertura alare fino a 1,8 metri.

Morfologia esterna

Struttura alare a confronto di tre classi di vertebrati

Le ali si sono sviluppate dalla modifica sostanziale dell'arto superiore, dove l'avambraccio e, ancor di più, le ossa metacarpali e le falangi della mano hanno subito un allungamento sproporzionato. Le dita sono unite tra loro da una membrana cutanea vascolarizzata, chiamata patagio, la quale si estende fino ai fianchi del corpo e agli arti inferiori. In gran parte delle specie esiste un'ulteriore membrana tra le zampe, chiamata membrana interfemorale o uropatagio, e che talvolta può incorporare la coda. Solitamente alla base della caviglia è posizionato uno sperone cartilagineo, chiamato calcar che permette il dispiegamento e la sostentazione di tale membrana. Le proporzioni alari variano notevolmente tra le diverse specie e possono essere lunghe e strette nei pipistrelli che hanno bisogno di grande autonomia, oppure corte e larghe in quelli che sono soliti effettuare manovre rapide e con improvvisi cambi di direzione, specialmente nella fitta vegetazione o in presenza di ostacoli molto vicini tra loro.

Sono state registrate velocità variabili tra i 16 km/h nel pipistrello nano e i 165 km/h nel pipistrello dalla coda libera messicano, la più alta mai registrata in volo orizzontale tra tutti gli animali volanti. Le dita non sono indipendenti dalla membrana alare eccetto il primo e, negli Pteropodidi, anche il secondo dito. Il pollice è munito di 2 falangi, termina con un'unghia ed è sempre funzionale, eccetto che nella famiglia dei Furipteridi. L'indice può essere rappresentato soltanto dal metacarpo, oppure da una a tre falangi. In alcuni Pteropodidi, quest'ultimo termina con un artiglio. Le altre tre dita hanno invece sempre 2-3 falangi, l'ultima delle quali solitamente di consistenza cartilaginea.


Orecchie di Plecotus auritus

Il corpo è generalmente ricoperto di una fitta pelliccia, tranne che i membri del genere Cheiromeles completamente privi di peli visibili. In alcune specie l'attaccatura delle membrane alari è talmente alta lungo la spina dorsale da far apparire la schiena completamente nuda. La testa può assumere una notevole varietà di forme, associate principalmente alle abitudini alimentari e ai metodi di procurarsi il cibo. Può essere corta e larga oppure stretta e allungata. Le orecchie sono grandi, talvolta eccezionalmente enormi, e hanno la funzione nei Microchirotteri di raccogliere le onde sonore riflesse emesse dagli stessi animali per l'ecolocalizzazione. Alla base sono spesso presenti un trago e un antitrago ben sviluppati, entrambi con la funzione di proteggere l'entrata del meato uditivo. Gli occhi variano notevolmente nelle dimensioni, essendo quasi atrofizzati nei Microchirotteri, mentre sono grandi negli Pteropodidi, abili anche a una visione a colori. Nella maggior parte delle specie è presente un'escrescenza carnosa sul naso, chiamata foglia nasale, che ha la funzione di regolare e indirizzare il fascio di onde sonore emesse dall'animale tramite il naso o la bocca. Negli Pteropodidi tale formazione è assente.

Le narici in alcune specie si protendono verso l'esterno fino a prendere la forma di due piccoli cilindri. Solitamente sono presenti delle ghiandole odorifere, le quali producono una sostanza che emana un forte odore simile al muschio. Sono posizionate in diverse parti del corpo, sulla gola o sul collo oppure sopra le superfici alari. Il ginocchio è rivolto all'indietro, a causa della rotazione degli arti inferiori, che sostengono la membrana alare. I piedi sono di proporzioni normali. Le loro dita sono solitamente munite di grossi artigli. La coda è quasi sempre presente e di dimensioni variabili. Molte volte è inclusa nell'uropatagio, altre volte ne è libera totalmente o parzialmente. Può anche superare nettamente in lunghezza l'uropatagio stesso. Nella famiglia dei Nitteridi assume un'insolita forma a T.

Morfologia interna e struttura ossea


Scheletro di Eptesicus fuscus


Cintura scapolare in Eptesicus fuscus

Generalmente i pipistrelli hanno 7 vertebre cervicali, 11 toraciche, 4 lombari e da 0 a 10 caudali. In alcune forme l'ultima cervicale e la prima toracica sono fuse tra loro. La cintura scapolare è solitamente più sviluppata del bacino, mentre lo sterno è carenato. Il cranio può assumere diverse forme in funzione della specializzazione delle diverse specie e ha le suture ossee che tendono a fondersi con l'avanzare dell'età. L'emisfero cerebrale è liscio e non si estende posteriormente oltre il cervelletto. Il sistema muscolare dell'arto superiore è più complesso rispetto a quello degli Uccelli. Nei chirotteri sono presenti 3 muscoli maggiori discendenti, il pettorale, il sottoscapolare e il serrato anteriore e 2 ascendenti, il deltoide e il trapezio, mentre negli uccelli è presente soltanto una coppia. La maggior parte di essi sono attaccati alle scapole e soltanto il serrato anteriore è unito allo sterno.

Dentatura

Il numero dei denti permanenti varia tra 20 dei veri vampiri e 38 dei generi Kerivoula e Myotis, mentre quelli da latte solitamente sono 22. Gli incisivi possono essere mancanti, come nel genere Aproteles o arrivare fino a 10. Generalmente sono piccoli, con il bordo tagliente talvolta provvisto di una o più cuspidi più o meno sviluppate, soltanto nei veri vampiri sono molto grandi e affilati. Infatti, contrariamente all'iconografia classica del vampiro, non sono i canini bensì gli incisivi a lacerare la cute della loro vittima per far fuoriuscire il sangue. I canini hanno generalmente la caratteristica forma appuntita, la lunghezza varia tra le diverse specie e talvolta presenta una cuspide secondaria ben sviluppata, situata posteriormente. Il numero dei premolari varia dalla loro totale assenza fino a un massimo di tre per semi-arcata, sono piuttosto ridotti nelle dimensioni e raramente dello stesso aspetto degli altri denti masticatori. Talvolta il terzo premolare è deciduo e talmente ridotto da venire compresso tra i due denti adiacenti e fuoriuscire dalla linea alveolare. Sono presenti fino a un massimo di tre molari per semi-arcata, l'ultimo generalmente è sempre il più piccolo. La disposizione delle cuspidi assume in linee generali due configurazioni, legate principalmente alla dieta. Nei pipistrelli frugivori e nettarinivori la superficie occlusiva dei molari presenta cuspidi basse disposte in file biseriali e con un solco più o meno profondo che la attraversa longitudinalmente. Nel resto dei chirotteri le cuspidi assumono una caratteristica disposizione a W, condizione presente anche negli insettivori, ognuna collegata all'altra attraverso creste ben distinte di smalto.

Biologia

Comportamento


Colonia di Myotis myotis


Artibeus lituratus

I pipistrelli si rifugiano all'interno di grotte, fessure rocciose, fitta vegetazione, cavità negli alberi, negli edifici e in luoghi più esposti come grandi alberi spogliati del fogliame. Tali ricoveri però possono cambiare stagionalmente anche all'interno delle attività di una stessa specie, dove per esempio, si può notare l'utilizzo di caverne e altri siti sotterranei durante i periodi invernali e quello di alberi cavi durante i mesi più caldi. Normalmente formano grandi colonie, tuttavia molte specie vivono solitarie o in piccoli gruppi prevalentemente famigliari. Non è raro osservare assembramenti di migliaia se non addirittura milioni di individui. Uno dei vantaggi nell'aggregarsi è quello di poter conservare il più a lungo possibile il calore corporeo. Nei siti di riposo, i chirotteri assumono la caratteristica disposizione a testa in giù. Questa posizione facilita notevolmente la fase iniziale del volo, poiché permette di lanciarsi, dispiegare le ali e prendere velocità facilmente.

Alcuni Pteropodidi possono però mantenere una posizione eretta a testa all'insù, in modo particolare se si trovano sui rami degli alberi, reggendosi con gli artigli dei lunghi pollici. Durante il riposo possono passare molto tempo a pulirsi e ordinarsi la pelliccia, utilizzando la lingua oppure le dita dei piedi. La maggior parte dei pipistrelli viventi utilizza l'ecolocalizzazione per orientarsi e catturare le prede. Oltre all'emissione di questi segnali ad alta frequenza vengono emessi anche suoni per esprimere emozioni o per comunicare. Alcuni tipi di richiamo sono utilizzati in atteggiamenti aggressivi tra vari individui, comunicazioni tra madri e figli e durante i rituali di accoppiamento. Sono state osservate delle vibrazioni corporee in diverse specie in cattività, particolarmente quando sono a riposo o prima di addormentarsi.

Nelle regioni più fredde dell'areale, durante le stagioni fredde, molte specie hanno sviluppato una fase di ibernazione, durante la quale il metabolismo si riduce notevolmente, e nella quale il consumo di ossigeno raggiunge un livello di circa un centesimo del consumo normale. Inoltre possono anche ridurre le funzioni vitali durante l'inattività diurna abbassando notevolmente la temperatura corporea. Alcune forme però preferiscono la migrazione in zone più calde o con una disponibilità di cibo maggiore.

Ecolocalizzazione


Sistema di identificazione dei bersagli tramite ecolocalizzazione


Esempi di treni di impulsi in diverse specie di pipistrelli

I primi esperimenti condotti sui pipistrelli per determinare i metodi di navigazione e localizzazione furono inizialmente compiuti da Lazzaro Spallanzani nel 1793, il quale intuì che gli organi fondamentali non erano gli occhi, i quali venivano coperti o asportati durante le prove senza influenzare i loro movimenti, bensì le orecchie, che se danneggiate impedivano a loro di evitare gli ostacoli o di catturare le prede. Tale visione però non fu accettata inizialmente dall'allora comunità scientifica, sostanzialmente perché contraddiceva il senso comune. Fu soltanto con lo sviluppo tecnologico e la possibilità di individuare gli ultrasuoni che nel 1938 Don Griffin dimostrò che i pipistrelli utilizzavano fasci di suoni ad alta frequenza per orientarsi e catturare le prede, semplicemente analizzando i suoni che venivano riflessi dagli oggetti che si trovavano lungo il loro percorso. Tuttavia non sono gli unici animali che utilizzano questo sistema in natura. Anche gli odontoceti, le focene, alcune specie di toporagni e tenrec, il guaciaro e alcune specie di rondoni hanno sviluppato funzionalità simili principalmente per orientarsi negli ambienti oscuri dove vivono, come le caverne, il sottosuolo o le profondità marine.

Gli ultrasuoni vengono generati nella maggior parte delle forme attraverso la laringe, sebbene in alcuni rossetti questi vengano prodotti dallo schioccare della lingua sul palato. Il fascio di suoni successivamente fuoriesce dalla bocca oppure in alcune famiglie attraverso il naso. Una volta colpito il bersaglio l'eco di ritorno viene catturato dal padiglione auricolare ed elaborato successivamente all'interno dell'orecchio stesso, in una particolare zona detta fovea acustica, dove risiedono un gruppo di neuroni sintonizzati su una strettissima banda di alte frequenze. Normalmente tali impulsi vengono emessi a frequenze variabili da 25 a 100 kHz, anche se alcune specie possono arrivare a emettere suoni a 150 kHz. Due sistemi di ecolocalizzazione si sono evoluti indipendentemente. Il primo prevede un treno di impulsi a banda larga oppure stretta a ciclo di lavoro basso, separati da intervalli più lunghi della durata dell'impulso stesso.

Il secondo è composto da lunghi impulsi a banda stretta e ciclo di lavoro alto separati da intervalli molto più corti, in maniera tale che il suono emesso si sovrappone con l'eco di ritorno. Comunque ciò non produce effetti mascheranti poiché l'eco di ritorno mantiene qualche kHz più alto della frequenza di picco del segnale emesso grazie alla compensazione dell'effetto Doppler. Sostanzialmente la differenza tra le due modalità risiede nella metodologia di caccia e nelle caratteristiche ambientali dove essa si svolge. Infatti se la prima è utilizzata da forme che cacciano in spazi aperti e quindi possono individuare bersagli anche a notevole distanza, la seconda è utilizzata prevalentemente da abitanti della fitta vegetazione dove è necessario orientarsi abilmente tra ostacoli molto vicini tra loro.

Alimentazione

I membri di quest'ordine sono caratterizzati da una dieta alquanto eterogenea, variando dalle forme frugivore o nettarinivore a quelle obbligatoriamente carnivore, ematofaghe o piscivore. La maggior parte cerca cibo in prossimità di corsi d'acqua, laghi e stagni. Gran parte dei chirotteri necessita di una quantità d'acqua o di cibi umidi maggiore di altri mammiferi di peso equivalente a causa dell'elevata evaporazione dovuta alle superfici alari.

In funzione delle loro abitudini alimentari, i chirotteri possono essere suddivisi in sei gruppi ben distinti.

Pipistrelli insettivori

La maggior parte dei chirotteri ha una dieta sostanzialmente insettivora, catturando le loro prede durante il volo. Alcuni di essi comunque si nutrono anche di frutta. Una popolazione di pipistrelli all'interno di una grande area urbana può arrivare a consumare fino a 14 tonnellate di insetti in una singola notte. A questo gruppo appartengono le forme di dimensioni più piccole.

Pipistrelli frugivori

I pipistrelli frugivori si nutrono esclusivamente di frutta e di alcune altre parti vegetali. Spesso si nutrono in gruppo e possono percorrere lunghe distanze per cibarsi. Talvolta producono gravissimi danni alle coltivazioni anche se la maggior parte tendenzialmente si nutre di frutta selvatica. Tra di loro sono da annoverare le enormi volpi volanti ma anche forme di dimensioni molto più piccole, con un'apertura alare che non supera i 30 cm.

Pipistrelli nettarinivori]

I pipistrelli nettarinivori si nutrono essenzialmente di polline e nettare e probabilmente anche di qualche insetto raccolto nei fiori visitati. Sono generalmente di dimensioni ridotte e sono caratterizzati da una modifica sostanziale del muso e della lingua, la quale è considerevolmente allungata e provvista di papille setolose all'estremità. Come le forme frugivore, sono essenzialmente abitanti delle zone tropicali.

Pipistrelli ematofagi[

I veri pipistrelli vampiri della sottofamiglia dei Desmodontini si nutrono del sangue di piccoli animali come gli uccelli oppure di quello del bestiame, incidendo la pelle con gli incisivi affilatissimi, dei quali sono muniti. Questa pratica può portare alla contrazione di gravi malattie virali da parte delle vittime, come la rabbia, oppure a gravi infezioni della ferita stessa.

Pipistrelli carnivori

I pipistrelli carnivori si cibano di piccoli mammiferi, incluse altre specie di pipistrelli, di uccelli, lucertole e rane. Hanno una dieta comunque più varia poiché non si nutrono soltanto di carne animale ma anche di frutta e insetti. I microchirotteri più grandi, come il pipistrello fantasma e il vampiro spettro appartengono a questo gruppo.

Pipistrelli piscivori

Infine i pipistrelli piscivori possono catturare pesci sott'acqua o sulla sua superficie, utilizzando i possenti artigli a uncino all'estremità delle dita delle zampe inferiori. Di forme così altamente specializzate ne esiste una famiglia, i Nottilionidi e alcune specie del genere Myotis.

Riproduzione

Piccolo di pipistrello nano

Sono presenti diversi sistemi d'accoppiamento. Le forme che cadono in ibernazione sono generalmente promiscue, come anche alcuni Pteropodidi. Normalmente formano grandi gruppi dove gli individui si uniscono a esemplari dell'altro sesso più vicini a loro. In alcune specie uno o due maschi formano e difendono piccoli harem di femmine. Esistono anche forme prevalentemente monogame, dove i genitori e i loro piccoli vivono insieme in un gruppo familiare. Una specie di megachirotteri, il pipistrello dalla testa a martello ha un particolare sistema, denominato Lek, dove un gruppo di maschi manifesta le proprie abilità alle femmine che successivamente ne scelgono il più desiderabile. La stagione riproduttiva è principalmente legata alle stagioni più favorevoli o in primavera, mentre in quelle forme dove è presente la condizione di ibernazione, ciò avviene durante l'autunno. In questi casi l'impianto dell'embrione è generalmente ritardato, oppure c'è un deposito spermatico.

Le femmine di pipistrello danno alla luce un solo piccolo all'anno, con eccezione di pochissime specie. Ciò è legato particolarmente al fatto che questi animali hanno un'aspettativa di vita molto maggiore rispetto agli altri mammiferi delle loro stesse dimensioni. Sono stati registrati individui che hanno vissuto 13-17 anni, sebbene sia stato osservato un esemplare vivo dopo 30 anni dalla sua prima marcatura.

I testicoli scendono temporaneamente dall'addome in una sacca soltanto durante la stagione riproduttiva. Inoltre nei maschi è quasi sempre presente un osso penico. Le femmine hanno generalmente un paio di mammelle pettorali, tranne nel genere Lasiurus dove sono 2 paia. Nelle superfamiglie dei Rhinolophoidea e dei Rhinopomatoidea è stata riportata una coppia aggiuntiva situata nella regione pubica, con possibili funzioni d'allattamento. La gestazione varia da 44 giorni nel pipistrello nano a 7 mesi nel vampiro vero di Azara, con una media per le altre forme di circa 2 mesi. I piccoli appena nati pesano il 10-30% del peso della loro madre e sono completamente dipendenti da loro. Soltanto negli Pteropodidi i nascituri sono ricoperti di peli e vengono alla luce con gli occhi aperti. Tranne qualche specie dove i maschi contribuiscono allo sviluppo dei piccoli, anche attraverso insoliti casi di allattamento, le cure parentali sono fornite dalle madri. Sono spesso presenti vivai dove le femmine si aggregano per allattare e accudire i propri figli. Essi crescono velocemente e possono iniziare a volare già dopo 2-4 settimane dalla nascita. Sono svezzati immediatamente dopo.

Distribuzione e habitat

Distribuzione dei Chirotteri

I chirotteri hanno una diffusione pressoché planetaria, con esclusione soltanto delle regioni polari e circumpolari e di alcune isole oceaniche remote. Nelle zone tropicali hanno raggiunto la massima diversità, dove sono in assoluto l'ordine di mammiferi più numeroso.

In considerazione del loro esteso areale, anche gli habitat dove vivono sono innumerevoli, poiché si possono incontrare nelle foreste tropicali e temperate, nei deserti, praterie, savane e in ambienti urbani e suburbani. Generalmente vivono a quote non elevate, sebbene siano presenti forme adattate a climi montani.

Tassonomia

Chirotteri sono stati per molti anni suddivisi in due sottordini, basandosi sostanzialmente su evidenti differenze anatomiche, come la forma dell'orecchio esterno, la struttura dell'articolazione dell'omero e la conformazione dentaria, e da informazioni paleontologiche, evidenziate soprattutto dalla modalità di percezione sensoriale dominante, visiva nei Megachirotteri e supportata dall'ecolocazione nei Microchirotteri, con la susseguente ipotesi che la sofisticata emissione di ultrasuoni attraverso la laringe avesse avuto un'unica origine tra gli antenati comuni di questo sottordine. In seguito questi ultimi furono a loro volta suddivisi in due infraordini chiamati Yinochiroptera, comprendenti le superfamiglie dei Rhinolophoidea ed Emballonuroidae e Yangochiroptera, contenenti i Noctilionoidea e i Vespertilionoidea, distinti tra loro dall'assenza o mobilità delle ossa pre-premascellari nei primi o dalla loro completa saldatura alle ossa circostanti nei secondi[.

Per diverso tempo si è dibattuto sulla reale posizione degli Pteropodidi all'interno dell'ordine stesso considerando anche la possibilità di una parentela con i Primati giustificata da alcune somiglianze morfologiche tra loro, in particolare del sistema visivo. L'avvento delle moderne tecniche di ricerca molecolare durante gli anni 80 e 90 non solo rigettarono quest'ultima ipotesi ma rafforzarono la tesi che l'ordine dei Chirotteri non fosse monofiletico ma che due grandi gruppi si separarono dal ramo progenitore. Il primo più ancestrale, fu chiamato Yinpterochiroptera o Pteropodiformi e includeva gli Pteropodidi e le superfamiglie dei Rhinolophoidea e Rhinopomatoidea, mentre l'altro chiamato Yangochiroptera o Vespertilioformi comprendeva tutte le altre famiglie di Microchirotteri. Questa nuova suddivisione portò a considerare l'origine dell'ecolocazione sotto due nuovi punti di vista, ovvero che tale funzionalità si sia originata nei progenitori di tutti i pipistrelli e che successivamente si sia persa nell'antenato comune degli Pteropodidi oppure che questa abbia avuto origine in più di un'occasione lungo il percorso evolutivo dei Microchirotteri[8].

  • Ordine Chiroptera (Blumenbach1891)

    • Sottordine Megachiroptera (Dobson1875) - Il secondo dito della mano mantiene un evidente grado di indipendenza, l'omero ha il trochite piccolo mai articolato con la scapola, il margine dell'orecchio esterno forma un anello completo;

    • Sottordine Microchiroptera (Dobson1875) - Il secondo dito della mano è praticamente vincolato al terzo dito ed è mancante della falange ungueale, l'omero ha il trochite grande sempre articolato con la scapola, il margine dell'orecchio esterno non forma mai un anello completo. 

Al momento sono state descritte 1276 specie, delle quali 190 sono appartenenti alla famiglia degli Pteropodidi. La famiglia più numerosa è quella dei Vespertilionidi, che annovera 480 forme.

Conservazione

Vespertilio bruno affetto dalla White nose syndrome

La crescente consapevolezza del determinante peso sia biologico sia economico offerto da quest'ordine ha generato un importante movimento di conservazione a livello globale. Tuttavia rimane ancora il pregiudizio in alcune culture e soprattutto la minaccia della perdita dei propri habitat e la caccia come fonte di alimentazione.

Gli sforzi intrapresi a carattere locale includono la conservazione di particolari siti dove normalmente riposano grandi colonie, oppure il ripopolamento, particolarmente in ambiente urbano, attraverso l'installazione di cosiddette Bat-boxes, che permette ad alcune specie di predisporre tane e rifugi lontano da case, edifici e altri ambienti antropici.

L'UNEP ha dichiarato il 2011 e 2012 come Anni internazionali del pipistrello, durante i quali sono state promosse campagne di conservazione, ricerca ed educazione su questi animali. In Europa, nel 1994 è stato firmato un trattato sulla conservazione delle popolazioni di pipistrelli europei (EUROBATS) da 32 stati, tra cui quelli appartenenti alla Comunità europea. Molte specie di chirotteri sono attualmente inserite nelle categorie più a rischio della IUCN, e almeno tutte le specie di Pteropus nell'appendice II della CITES, a causa del commercio illegale dovuto al loro utilizzo alimentare.

La peculiarità di aggregarsi in colonie numerose ha frequentemente sviluppato gravi epidemie all'interno di popolazioni, con grave rischio di estinzione in diverse specie. Dal 2006, anno in cui fu osservata per la prima volta in una grotta degli Stati Uniti orientali, una gravissima malattia, ribattezzata White nose syndrome, causata da un fungo, lo Pseudogymnoascus destructans ha provocato 5,7 milioni di morti, con percentuali fino al 100% in alcune colonie. Al momento 3 specie endemiche sono interessate, ma molti biologi, che ritengono questo evento il più precipitoso declino in natura nell'ultimo secolo in Nord America, hanno previsto che anche altre forme siano a rischio imminente.

Molte specie di chirotteri sono lucifughe e soffrono sensibilmente dell'inquinamento luminoso che può provocare l'abbandono dei siti di rifugio e alterazioni della percezione dei ritmi giorno-notte[9].

Predatori

Sebbene la mortalità sia elevata nel primo anno di vita, questa diventa molto più bassa negli anni successivi, grazie soprattutto all'inaccessibilità dei loro rifugi. Il momento di maggiore vulnerabilità si verifica quando i grandi gruppi abbandonano le grotte nelle prime ore serali, oppure qualora occupino siti più esposti, come gli alberi o la vegetazione bassa. Sono numerosi gli animali che cacciano pipistrelli, e questi includono serpenti, rapaci notturni, uccelli da preda, alcuni passeriformi, piccoli carnivori come le genette, i gatti domestici e non ultimo l'uomo. Lo sparviero dei pipistrelli, sembra sia l'unica specie di predatore veramente specializzato nel cacciare i chirotteri. Anche alcune specie stesse di pipistrelli sono in grado di cacciare altri pipistrelli. In alcune grotte del Venezuela sono stati osservati attacchi da parte della scolopendra gigante verso almeno tre piccole specie di Microchirotteri[10].

Evoluzione

Fossile di Palaeochiropteryx tupaiodon dell'eocene

Il più probabile progenitore sembra essere Protictis tenuis, carnivoro miacide apparso nel tardo Paleocene e conosciuto soltanto da alcuni crani incompleti che però hanno notevoli affinità con quello dei moderni pipistrelli. Da esso si sarebbero poi successivamente evoluti anche i dermotteri e le tupaie. I primi resti in cui è evidente l'evoluzione dell'arto superiore verso l'ala è Onychonycteris finneyi, ritrovato nel Wyoming nel 2003 e risalente a circa 52,5 milioni di anni fa. Molto simile alle moderne volpi volanti, aveva l'unghia su ogni dito della mano e una coclea non particolarmente sviluppata, caratteristica presente soltanto nei chirotteri che non emettono ultrasuoni. Questa scoperta potrebbe definitivamente aver stabilito che l'ecolocalizzazione si è presentata solo successivamente alle capacità volatorie di questi animali, sebbene recenti ricerche avrebbero rivelato in questi fossili una funzionalità a livello della laringe molto simile a quella alquanto primitiva utilizzata da alcuni pipistrelli frugivori come i rossetti. Il primo vero antenato dei Microchirotteri appare circa 500.000 anni dopo. Icaronycteris index presentava una bolla timpanica ingrandita, un evidente indice che questo animale poteva utilizzare l'ecolocalizzazione. Era privo del calcar, presente invece in Onychonycteris finneyi. Risale al tardo Oligocene in Italia invece il primo rappresentante dei megachirotteriArchaeopteropus transiens, sebbene avesse una morfologia dentaria molto simile a quella insettivora. Durante l'Eocene erano già presenti almeno 3 famiglie e 13 specie. Fossili di questo periodo sono stati trovati in Nord America, Europa e Australia. Questi antenati avevano già diverse caratteristiche proprie dei moderni chirotteri. Altre forme scoperte più recentemente in Egitto e datate tardo Eocene e primo Oligocene, appaiono sempre più simili alle specie odierne, suggerendo che quest'ordine possa essersi diversificato in Africa subito dopo la migrazione delle specie più primitive provenienti dall'Europa. Ciò è avvalorato anche da un recente studio molecolare che ha evidenziato come questo continente è il centro di irradiazione delle moderne famiglie di pipistrelli.

Rapporti con l'uomo

I pipistrelli nella catena alimentare hanno un determinante ruolo nell'equilibrare le popolazioni di insetti, tra i quali anche i più dannosi per l'uomo e per le sue attività. Tuttavia un ruolo molto importante, in particolare nelle zone tropicali, è quello dell'impollinazione di molte specie floreali, sia selvatiche sia di interesse economico o nella dispersione di semi. Di notevole valore è anche la produzione di guano, reperibile all'interno delle grotte utilizzate come siti di riposo per molte specie gregarie, il quale è considerato una delle forme più pregiate di fertilizzante. Non da meno è da prendere in considerazione il fatto che alcuni pipistrelli frugivori vengono utilizzati da alcune popolazioni come fonte alimentare. La loro carne è considerata una prelibatezza nelle Seychelles, in Indocina, in Indonesia, nelle Filippine e in diverse isole dell'Oceano Pacifico. Recentemente i veri pipistrelli vampiri della sottofamiglia dei Desmodontini sono divenuti un importante oggetto di ricerche scientifiche nel campo medico, in virtù delle caratteristiche anticoagulanti di una proteina presente nella loro saliva, la desmoteplase che potrebbe avere notevoli vantaggi nelle cura e nella prevenzione di malattie come l'ischemia.

Predatori, parassiti e malattie

Lo stesso argomento in dettaglio: Virus trasmesso da pipistrelli.

Alcune forme si sono rivelate veicoli di numerosi agenti patogeni sia per l'uomo sia per gli animali domestici. Molte specie, tra le più comuni, possono trasmettere il virus della rabbia tramite morsi o lesioni, poiché risultano essere portatori sani di questa malattia.[11] Ricercatori hanno isolato il virus Ebola in almeno tre specie africane di Pteropodidi.[12] Gli animali infettati risultavano portatori sani, privi di qualsiasi sintomo. Nel 2007, inoltre, il virus Marburg è stato individuato in esemplari di Rousettus aegyptiacus.[13] In Asia, alcuni recenti studi hanno evidenziato la presenza di Lyssavirus e Henipavirus (in particolare l'Hendra Virus e il Nipah Virus) in alcune specie di Pteropus.[14][15]

I pipistrelli nella cultura di massa

Illustrazione di Satana realizzata da Gustave Doré per il poema di John Milton Il paradiso perduto.

Fin dall'antichità il pipistrello ha destato un interesse particolare dovuto soprattutto alla sua attività notturna e al fatto di essere una creatura volante non appartenente al mondo degli uccelli. Le loro particolari abitudini e comportamenti li hanno inseriti nel folklore di innumerevoli culture, dalla Grecia antica agli Indiani d'America attraverso le civiltà pre-colombiane e le tribù africane. Tuttavia il loro ruolo, in particolare nell'ambito religioso, ha connotati diversi. Se tra i cinesi essi sono tenuti in grande riguardo, e per i buddisti sono considerati talvolta sacri, nella cultura cristiana, il pipistrello era visto come un essere vicino al diavolo e di esso era la trasposizione vivente. Il suo significato sinistro attraverso la sua associazione con le tenebre e le caverne è stato spesso rappresentato da artisti medioevali che raffiguravano le figure demoniache con ali di pipistrello, in contrapposizione alle figure angeliche ornate di ali piumate d'uccello. [16]Fu per questo motivo che i primi esploratori nel vedere per la prima volta le gigantesche volpi volanti d'Australia credevano di avere di fronte un vero e proprio demone. Altri esempi risiedono nella cultura Maya dove esso rappresentava una potente divinità, nota con il nome di Zotz, che governava le caverne e il regno delle tenebre.

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Talpa

Roditore

La talpa (Talpa europaea Linnaeus1758) è un mammifero soricomorfo appartenente alla famiglia dei Talpidi[1].

Indice​

Tassonomia

Se ne conoscono 3 sottospecie:

  • Talpa europaea europaea

  • Talpa europaea cinerea

  • Talpa europaea velessiensis

Distribuzione e habitat

Il suo areale è il più ampio tra tutte le specie del genere: è presente in buona parte dell'Europa, dalla Gran Bretagna e dalla Svezia meridionale, spingendosi a sud sino fino alla parte settentrionale delle penisole ibericaitaliana e balcanica; è inoltre diffusa in Asia dal Caucaso all'Altaj e alla Mongolia.
In Italia è presente dalle Alpi sino a MarcheUmbria e Toscana[2].
Sulle Alpi è talora simpatrica con la Talpa caeca; in centro Italia il suo areale possiede una ristretta zona di contatto con quello della Talpa romana.

Descrizione


Scheletro

È lunga 14–16 cm esclusa la coda che misura 2,5-3,3 cm. Pesa dai 60 ai 120 g e l'altezza alla spalla è di 4–5 cm. La pelliccia è fine e vellutata di colore uniforme, prevalentemente nera, talvolta con riflessi marroncini o grigi o azzurrognoli; le orecchie sono invisibili e prive di padiglioni auricolari; la punta del naso è color carne.

Sono molto sviluppate le zampe anteriori, larghe, massicce e munite di unghie corte e molto robuste. Una morfologia particolarmente adatta alla vita sotterranea e allo scavo: occhi ed orecchie ben protetti, forma "aerodinamica" con il muso molto appuntito, zampe specializzate per lo scavo. Anche la morbidezza del pelo può essere un adattamento alla vita nelle gallerie, rendendo agevole anche il movimento a ritroso.

La sua differenziazione dalle altre specie di Talpa presenti in Italia non è semplice: la T. europaea ha in genere dimensioni e peso maggiori rispetto alla Talpa caeca, leggermente inferiori rispetto alla Talpa romana. Si caratterizza inoltre per l'assenza di pelo in corrispondenza degli occhi. Un ulteriore carattere distintivo è costituito da un dettaglio della dentatura: il mesostilo dei molari in T. europaea è raramente bifido e se lo è comunque più arrotondato di quello della T. romana.

Biologia

È un animale solitario che trascorre la maggior parte del tempo in un complesso sistema di gallerie sotterranee, alcune più profonde, collocate a 15–25 cm dalla superficie, utilizzate come ripari permanenti, ed altre più superficiali, quasi al livello del suolo, che utilizzano come terreno di caccia e che possono arrivare a ricoprire una superficie di 600–900 m².

Albino

Non è dotata di vista ma possiede olfatto e udito molto sviluppati. Il senso del tatto è anch'esso molto sviluppato: il muso, le zampe anteriori e la coda sono dotati di sensibili vibrisse, mentre l'estremità del muso è ricca di organi di Eimer, piccoli organuli sensitivi di derivazione epidermica.

La talpa dorme soltanto 2 - 3 ore per volta e nel corso delle 24 ore dorme più volte. Non cade in letargo.

Alimentazioneertebrati che popolano il sottosuolo: lombrichi (80% della dieta), larve e insettilumache, etc.

Riproduzione

La riproduzione avviene una volta all'anno e, dopo una gestazione di circa 4 settimane, si conclude con la nascita di 4-6 piccoli, che vengono allattati per circa 6 settimane.

L'aspettativa di vita media di una Talpa europaea è di 4-6 anni.

Rapporti con l'uomo

Per la loro abitudine di scavare gallerie le talpe possono causare danni di tipo estetico a giardini e prati, ma anche danni di rilevanza economica nelle zone agricole.

D'altro canto l'uomo, per l'intenso uso in agricoltura di insetticidi e prodotti chimici, può costituire una minaccia per le talpe: queste infatti per la loro dieta basata principalmente sulla fauna invertebrata sotterranea, tendono a concentrare i prodotti tossici.

Metodi di lotta incruenti

La talpa è sensibile agli odori e ai rumori, per questo secondo credenze popolari è possibile allontanarla con dei piccoli stratagemmi come per esempio piantare dei bastoni sui quali si pone una bottiglia di plastica vuota rovesciata: grazie al vento verrà prodotto un rumore che allontanerà l'animale. Vi sono però numerosi casi di impianti anti-talpa che hanno dimostrato l'inefficacia di tale tecnica. È possibile utilizzare dispositivi ad ultrasuoni appositamente progettati per allontanare gli animali, mettere del cotone idrofilo imbevuto di olio essenziale di aglio, menta piperita, menta spica o patchouli all'interno di una buca scavata dalle talpe (così che le talpe si allontanino per via del forte odore), oppure usare trappole a gabbietta che permettono di catturare e successivamente liberare gli animali senza nuocere loro.

Conservazione

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